Commento alla trasmissione televisiva “CIAO DARWIN”

Sabato 25 ottobre, tutti a vedere lo scontro tra “nobili” e “popolane”.

Non voglio fare, naturalmente, una critica al programma – la stupidità della televisione è troppo nota – ma una valutazione, dal nostro punto di vista, ben inteso, della opportunità, da parte delle “nobili” fanciulle e signore più agees, di partecipare alla trasmissione.

A dire il vero, in occasione della prima interruzione per l’immancabile pubblicità, avrei spento il televisore, ma, lo confesso, la curiosità di vedere chi ci fosse mi ha costretto a resistere (quanti nomi “di conoscenza”!).

Ed ora mi concedo alcune considerazioni.

Innanzi tutto il notevole numero di telespettatori. Penso che sia dovuto, in una certa parte almeno, proprio alla curiosità che la gente ha per i nobili; la cosa è emersa anche dalle domande e dalle poche battute che vi sono state tra i due gruppi di contendenti (le nobili e le popolane, appunto, e quanto erano contente quest’ultime di essere definite tali!). Solita visione di un mondo dorato, dove i nobili hanno tutto, non sanno più che cosa desiderare, sono lontani, sdegnosi, altezzosi (come descritti dalle battute di Enrico Montesano).

Serpeggiava tra il pubblico una palese scelta di campo in favore delle popolane (del resto bastava vederne le facce….), aiutate anche in modo smaccato dal presentatore, quel Paolo Bonolis che, devo dire, è capace di battute e commenti a volte proprio divertenti.

Dunque un clima non certo favorevole, fatto di piccoli sfottò, di battutine e di risatine che non mancavano di sottolineare il titolo nobiliare delle concorrenti.

E questo c’era da aspettarselo.

Non hanno certo sfigurato, le nobili fanciulle, nelle loro performances basate essenzialmente sull’avvenenza fisica (quante gambe, mutande e tette!), mentre la cultura lasciava un po’ a desiderare….; e fin qui tutto bene, anche se il fatto di essere nobili non ha fornito alcun “valore aggiunto”. Ma tale non era certo lo scopo della trasmissione.

A ben vedere un solo, breve momento poteva essere colto al volo per “raccontare” quei valori che in qualche modo, ci diciamo, sono diversi da altri ceti sociali: il momento del dibattito dove, a fronte dell’aggressività piuttosto inconcludente delle “popolane” , si poteva, si doveva rispondere con concetti “alti”. Per carità, cosa non certo facile, ma banalizzare l’essere nobili al solo fatto che si venga accolti con più riguardo nei ristoranti (unica battuta della portaparola dei nobili, la Pecci Blunt che, ahimè, non aveva neppure l’avvenenza saggiamente silenziosa dell’Anna Falchi, portaparola delle popolane) mi pare proprio un po’ pochino.

Non voglio giudicare l’opportunità di partecipare o meno alla trasmissione (un gioco divertente? Un esporsi al ridicolo? Una serata diversa? Troppa epidermide esposta? È bene non nascondersi?), ma una riflessione si impone: saremmo in grado, così, a caldo, di illustrare con poche parole quali siano i valori della tradizione storico-nobiliare?

E’ lo scopo del nostro sodalizio!

Di Fabrizio Antonielli d’Oulx