Nobilità di Sangue

Giovedì 25 gennaio 1996

introduzione al tema di Enrico Genta e Gustavo Mola di Nomaglio

Gli oratori esordiscono sottolineando la difficoltà di trattare il tema “nobiltà di sangue” che comporta il rischio di ripetere cose già dette nei precedenti incontri.

Vengono letti alcuni passi dello Chernel che stabilisce tre diversi tipi di nobiltà:

– ereditaria (accordata dai re ad antenati famosi) detti anche “gentiluomini di nome e d’arme”. Questo tipo di nobiltà era ricordato anche in Piemonte nel ‘500 anche se si potevano vantare poche vere nobiltà di ereditarie, cioè di sangue;

– di spada;

– di robe.

Il Crollalanza si rifà molto alla Francia distinguendo nella nobiltà di sangue due categorie :

– di razza (= di sangue vera e propria), di cui si perde nei tempi l’origine o che risale alle Crociate;

– di nobilitazione.

Il Du Cange ricorda che ci sono varie forme di gentiluomo ed in particolare cita:

– i nobili di razza

– i nobili per gli uffici ricoperti.

La definizione di “gentiluomo” è stata data dai giuristi, figure di studiosi che pur risentendo del momento storico in cui operano e di indubbi interessi di parte, restano pur sempre non influenzati dal potere del principe, restano “arbitri”.

Nel prosieguo del tempo le definizioni di gentiluomo subiscono un diverso trattamento, tanto da mettere in crisi la vecchia concezione di nobiltà concepita nel diritto comune, dove è appunto la citata figura di giurista “arbitro” che definisce che cosa sia nobiltà.

Con l’affermarsi del sovrano assoluto, e quindi con la diminuzione di autonomia sia della nobiltà, sia dei giuristi, cambia dunque il sistema di definizione; il sovrano assoluto non poteva infatti accettare la libertà che il sistema feudale lasciava ai nobili. I giuristi non sono più dei “liberi professionisti”, non sono più degli arbitri imparziali, ma diventano dei funzionari dello Stato assoluto.

Al principe assoluto non interessa la nobiltà in sé, gli interessa che il nobile faccia atto di sottomissione e che provi nuovamente, secondo le nuove regole, la sua nobiltà. Può così affermare il principio che la nobiltà deriva dal proprio potere, cosa che porta inevitabilmente al versamento di quattrini.

E’ dunque il sovrano che stabilisce chi sia nobile, cosicché la nobiltà di sangue perde rilievo perché più che la tradizione vale ormai la volontà del principe; l’antico concetto giuridico perde importanza essendo cambiata la situazione storica con l’affermarsi delle monarchie assolute che finiscono per abolire il ruolo dei grandi giuristi liberi affermando invece i grandi magistrati di stato.

In realtà il concetto di nobiltà di sangue rimane, ma è molto sfumato.

Nel 1738, per fissare una data, in Piemonte si verifica qualche dubbio tra i giuristi chiamati a stabilire la materia nobiliare, perché non esisteva una norma certa a cui rifarsi. Vengono quindi definiti i noti parametri .

– avere padre ed avo nobili

– condurre vita da nobili

– avere reputazione di nobili

– ricoprire cariche riservate alla nobiltà o che di per sé nobilitino

– avere alleanze familiari illustri

– essere nobili da almeno 3 generazioni.

Tutti questi parametri debbono coesistere contemporaneamente, nessuno escluso.

In realtà, data la difficoltà di determinare in modo oggettivo ed inequivocabile la presenza o meno di alcuni di questi parametri, restava pur sempre ai giuristi un ampio margine discrezionale, certamente in parte voluto.

Anche in Francia la nobiltà viene “catalogata” con esattezza; è tuttavia da ricordare come la nobiltà transalpina fosse molto più forte che in altri stati, tanto da poter condizionare anche il Re. Ecco dunque la responsabilità della nobiltà codina ed ottusa che non seppe cogliere l’esasperazione che portò alla rivoluzione francese.

All’ epoca di Carlo Alberto in Piemonte si pensò di costituire una Camera di Nobili, il Senato. In realtà esso non mantenne queste caratteristiche anche perché Carlo Alberto nominava i senatori non solo tra i membri dell’aristocrazia. Del resto gli stessi nobili piemontesi ritennero che l’aristocrazia piemontese non fosse sufficientemente forte e ricca da avere una Camera a sé riservata..

Si affronta poi il tema della regolamentazione delle cariche che comportano nobiltà; in particolare ci si sofferma sui procuratori (le cui piazze, a numero chiuso, erano acquisibili a pagamento), che godono di una attenta regolamentazione , e sugli avvocati, molto meno normati. Queste figure suscitano un’ampia discussione tra tutti i presenti, con confronti tra i vari regimi francesi ed inglesi, che conclude la serata.

(dagli appunti di Fabrizio Antonielli d’Oulx)