Il consortile degli Avogadro

introduzione al tema di Maurizio Cassetti

Parlare degli Avogadro vuol dire in realtà parlare di una serie di consortili degli Avogadro.

E’ comunque innanzi tutto doveroso ricordare un personaggio non propriamente definibile come uno storico, ma certamente il massimo esperto della genealogia degli Avogadro: Federico (senior) Avogadro di Valdengo, che alla fine degli anni venti scrisse il primo tentativo di analisi della genealogia della famiglia. Opera giovanile, sia pure con molti errori, ma primo passo per quel lavoro che venne lasciato agli eredi di catalogazione dell’archivio e di studio inedito della genealogia, opere veramente fatte bene e che meriterebbero la pubblicazione.

Prima di Lui sugli Avogadro scrisse centinaia di pagine, verso la fine del ‘700, l’abate Agostino Torelli, da cui molti in seguito copiarono ampiamente, pagine ben redatte, custodite oggi nell’Archivio della Curia di Torino.

E’ doveroso ancora citare Vittorio Angius per la sua opera sulle famiglie nobili della Monarchia sabauda, piuttosto farraginosa e che deve la sua fama per l’essere allegata ai volumi delle stampe dei castelli del Gonin.

L’origine degli Avogadro non può essere individuato in modo definitivo, ma solo sulla base di supposizioni logiche.

Nell’Archivio di Stato di Vercelli, nell’archivio degli Avogadro di Quinto, è conservato un documento del 1129, donato dai de Rege Thesauro di Donato, documento importantissimo perché riporta la soluzione dei contrasti sorti tra il Vescovo di Vercelli e Bongioanni “Advocatus”. Nel documento non è leggibile il nome del padre bene, parrebbe si tratti di un altro Bongioanni o di uno strano Benone. Dal documento si capisce che doveva esserci in altro accordo tra le parti riguardante gastaldie e questioni feudali.

Questo Bongioanni viene citato già nel 1113 come “comes vercellensis”, conte del vercellese, non vercellarum; quindi forse non è identificabile come Conte di Vercelli, discendente da Amione, cioè quei conti laici del periodo ottoniano che si collegavano ai Conti franchi. Certamente comunque un qualche potere lo doveva avere, tanto da costringere appunto il Vescovo ad un accordo. A ben v edere i Vescovi di Vercelli iniziarono e definirsi Conti di Vercelli solo dopo Anselmo, essendo il primo Gisulfo, figlio di Bongioanni, dopo il 1131 (fu vescovo fino al 1151). E’ legittimo quindi porsi la domanda se lo stesso Bongioanni non abbia ceduto il titolo comitale al Vescovo di Vercelli.

Prima di avere l’avocazione della Chiesa dunque Bongioanni era un notevole personaggio nobile, ma non si sa bene quale potere avesse.

Da Bongioanni discendono tutti i rami degli Avogadro, in particolare quelli più antichi di Valdengo, Cerrione, Quinto e Casanova; e ancora di Pezzana, Balzola e Collobiano (si ricorda Simone che combatté contro fra’ Dolcino, ramo estinto degli Avogadro della Motta); altro ramo di Collobiano (si ricorda Ferdinando, asso dell’aviazione), della Motta, San Giorgio, Vigliano, Masazza, Villarboit, ecc. Novaresi sono gli Avogadro di Casalvolone.

Gli Avogadro di Valdengo a loro volta si divisero nei rami Lascaris, Bertodano e della Porta.

Il consortile si riuniva nella sacrestia della chiesa di San Marco, segno di un antico diritto acquisito che forse trovava un riscontro nel fatto che il campanile della chiesa poteva essere la torre del “casamentum” della famiglia.

Gli Avogadro furono sempre del partito guelfo, e diedero alla chiesa diversi vescovi: Gisulfo (1131 – 1151); Martino (1243 – 1268); Raniero di Pezzana (1268 – 1272); Raniero (1303 – 1310); Uberto di Nebbione (1310 – 1328).

E’ doveroso ancora ricordare che Vercelli diede i natali al marito di Andrietta Avogadro di Benna, il Cardinale Mercurino Arborio di Gattinara, grande personaggio che per 12 anni fu l’artefice della politica di Carlo V (1518 – 1530).

Ci si può ora chiedere in che anno si incominciò ad usare il nome “Avogadro”. La derivazione è chiaramente dovuta al fatto che i membri della famiglia erano appunto gli avvocati della chiesa locale, incarico suffragato dai documenti del sec. XII – XIII e dai cartari pubblicati al 90% da Federico Avogadro, cosa che calza a pennello con la nascita dei cognomi della prima metà del XII secolo in occasione dello sviluppo dell’ordinamento comunale.

Non posso esimermi – dice ancora Cassetti – dall’accennare agli archivi degli Avogadro.

Quello di Quinto è conservato nell’Archivio di Stato di Vercelli.

Di Cerrione se ne conservano solo 32 mazzi, essendo il resto disperso; di Casanova è stato acquistato dall’Archivio di Stato da C. Emanuele Gani; di Pezzana è stato venduto nel 1971 all’Archivio di Stato da Luigi Avogadro di Valdengo; di Balzola è conservato in casa Radicati di Brozolo; di Lozzolo è stato donato all’Archivio di Stato; di Quaregna c’è qualcosa all’Archivio di Stato, ma il grosso è stato disperso; di Ceretto è in casa Lovera di Maria; di Casalvolone, lasciato all’Ospedale Maggiore di Novara, è ora all’Archivio di Stato.

Maurizio Cassetti conclude la sua interessante chiacchierata con un invito a trovare un modo intelligente per valorizzare gli archivi di famiglia, unendo le forze pubbliche e private per arrivare, magari, alla costituzione di una fondazione, di un centro studi che si prefigga di evitare la dispersione degli archivi di famiglia (cosa che purtroppo spesso avviene quando la famiglia si estingue).

Sarebbe poi molto utile aggiornare la Guida agli archivi nobiliari italiani.

L’offerta del volume contenente gli scritti di Federico Avogadro di Vigliano a tutti i soci Vivant che ne facciano richiesta conclude la chiacchierata.

(dagli appunti di Fabrizio Antonielli d’Oulx)