LA NOBILTA’ PIEMONTESE NELL’ITALIA LIBERALE

Silvia   Novarese  di  Moransengo

                                         LA  NOBILTA  PIEMONTESE  NELL’ITALIA        LIBERALE

                                               La  politica  e le istituzioni

Il libro dello storico americano A. Cardosa intende affermare sulla scia di altri studi che l’aristocrazia europea  non perse tutto il potere con la Rivoluzione Francese, ma che la sua influenza perdurò per tutto il XIX secolo nel campo politico, economico, culturale   e fu solo con la prima guerra mondiale che essa scomparve come forza preminente . Il Piemonte è stato scelto a causa del ruolo storico decisivo nell’unificazione nazionale, ben consapevoli  che le caratteristiche della nobiltà locale,  stretto legame con la casa regnante, forte tradizione militare, alto grado di coesione, che hanno aiutato a fronteggiare la perdita di privilegi e l’impatto con lo sviluppio industriale , non sono per nulla estendibili alle altre nobiltà regionali. L’appoggio dato dalla nobiltà piemontese  alla dinastia sabauda ha garantito per tutto il sec.XIX forti vantaggi nelle carriere statali , e fino alla prima guerra mondiale essa  è rimasta un gruppo distinto e separato dal ceto emergente borghese, con stili di vita, scelte economiche e matrimoniali peculiari.

Dopo la Restaurazione la nobiltà piemontese , composta da un piccolo nucleo di famiglie di ascendenza feudale,e da un più consistente numero di famiglie che provenivano da cariche pubbliche e che erano state nobilitate nei sec. XVII – XVIII, si trovava nella situazione di dipendere dalla volontà del sovrano per mantenere i propri privilegi, che erano stati scossi dalle fondamenta. Ma mancava un programma politico condiviso e la manifestazione più drammatica del conflitto tra aristocratici tradizionalisti e conservatori si ebbe nel 1821 . Col regno di Carlo Alberto iniziarono le aperture al ceto borghese più benestante ( fu fondato il Circolo del Whist e l’Associazione Agraria Subalpina ) .Infine nel 1848 colla promulgazione dello Statuto fu attuato un ordinamento  in cui il  potere rappresentativo era diviso tra il Sovrano e due Camere, una elettiva e l’altra i cui membri erano nominati dal Sovrano. La nuova Costituzione riconosceva l’esistenza e la validità dei titoli ma  alla nobiltà non era più riconosciuta né una funzione specifica né privilegi particolari. Cionostante le più antiche famiglie titolate mantennero alcune delle antiche prerogatrive ritagliandosi nuovi spazi nella vita pubblica : ciò fu dovuto ai vantaggi informali derivanti dal prestigio e dalla ricchezza, in quanto nel sistema di suffragio ristretto poterono sfruttare gli antichi legami di fedeltà colle popolazioni locali diventando alfieri del particolarismo e cattolicesimo rurale.

Inoltre qualche anno dopo il nuovo Re Vittorio Emanuele II garantì alla nobiltà una posizione di favore nei circoli di corte e un ruolo preponderante nelle istituzioni chiave del nuovo stato unitario.

Il Senato che era di nomina regia    fu dominato dall’ala più conservatrice della nobiltà  mentre la Camera bassa aveva un piccolo numero di nobili in grado però di svolgere un ruolo politico di primo piano  .

Tuttavia l’influenza politica della nobiltà fu danneggiata sia dal contrasto crescente tra Stato sabaudo e Chiesa , che mise i nobili conservatori nella scelta tra lealtà dinastica  e religiosa e negli stessi eventi che portarono alla creazione dello Stato italiano se da un lato un piccolo gruppo di moderati patrizi appoggiarono il re Vittorio Emanuele II , la maggior parte dell’aristocrazia fu riluttante anche se obbediente .Nobili erano  quasi tutti i generali e tutti i diplomatici  coinvolti in quegli anni cruciali , nobili gli ufficiali che diedero la vita sui campi di battaglia .

Il processo di costruzione dello stato unitario comportò un restringimento nel numero di cariche pubbliche concesse alla nobiltà subalpina : tale restringimento fu dapprima graduale e per tutto il periodo della destra storica i nobili piemontesi contribuirono in misura che oltrepassava l’effettiva consistenza alla folta schiera di ministri, parlamentari ,alti funzionari . Non esisteva un “ partito aristocratico “ né una specifica strategia , per cui si ritrovavano spesso su sponde opposte  al momento del voto, e tuttavia la condizione di “nobile “era rilevante nel definire l’identità del candidato , sia agli occhi del pubblico che per gli inyeressati,  in quanto i valori tipici della classe aristocratica rendevano il candidato riluttante di fronte a certe transazioni politiche.

Dopo il 1876 coll’avvento della “sinistra  storica” si verificò un generale e progressivo ritiro dei nobili italiani ( e piemontesi  )dalla politica. Anche se ci fu una certa ripresa all’inizio del 1900, la tendenza di fondo fu quella e pure  a livello locale ci fu un graduale ritiro dall’esercizio diretto del potere.

Sindaci e consiglieri comunali erano ancora gli eredi delle grandi famiglie ; quando l’impegno politico decrebbe la nobiltà piemontese continuò a godere di forme di potere meno visibile ma consone al prestigio e all’ethos aristocratico in virtù della posizione privilegiata che ricoprivano  a corte . Nella carriera dispomatica, nell’esercito , nel patrocinio della attività artistiche e di beneficenza, nella direzione delle nuove associazioni su base volontaria  e in qualità di mediatori del potere nei circoli e nelle associazioni politiche locali, la nobiltà piemontese continuò fino alla prima guerra mondiale ad avere un impegno rilevante e riconosciuto.

La storia passata spiegava  la netta preponderanza degli aristocratici piemontesi nell’esercito e nella carriera diplomatica, la novità fu invece la capacità di svolgere un ruolo nelle attività associative locali sia nella creazione di un movimento politico cattolico, sia nel promuovere  e finanziare associazioni di mutuo soccorso per i lavoratori sia nel promuovere nuove forme di associazionismo cultirale. Appartenevano  alla tradizione aristocratica i legami con le popolazioni locali e le fitte reti di relazioni  di parentela e di amicizie consolidate con partecipazione  a circoli esclusivi : i nobili piemontesi furono capaci  di avvalersi di queste tradizioni consolidate per inventarsi dei nuovi spazi , consolidando le proprie posizioni nell’esercito e nella diplomazia  e conquistandosi un ruolo importante nel nuovo mondo della competizione politica.    

       (   riassunto della prima parte del libro di A. Cardoza  Patrizi in un mondo plebeo “ Donzelli,     1999, Roma   )