Altri personaggi delle istituzioni della Restaurazione sabauda

ALTRI PERSONAGGI DELLE ISTITUZIONI DELLA RESTAURAZIONE SABAUDA

giovedì 26 giugno 1997

introduzione al tema di Enrico Genta

L’argomento è talmente vasto che bisognerebbe parlarne ben più a lungo di un incontro come questo.

Teodoro di Santarosa è particolarmente importante nel 1858 anche per un suo inedito progetto di ristrutturazione degli Stati Sabaudi.

L’organizzazione degli Stati Sabaudi si rifaceva al ‘600, quando si era superata la struttura comunale propria delle grandi autonomie medioevali, e ogni sforzo era diretto verso una centralizzazione che riducesse le autonomia. Queste trasformazioni erano avvenute in modo assolutamente empirico, senza un disegno preciso. Un segno di ciò è dato dal fatto che i provvedimenti sono “antrocentrici”, si riferiscono cioè al funzionario, alla persona, e non alla struttura. Si cercano i risultati fidandosi ed affidandosi alle persone. Anche il nome delle cariche subiscono dei mutamenti, come ad esempio il prefetto. Alto magistrato, era l’intendente, dopo la fine del ‘600, con compiti inizialmente giurisdizionali, poi sempre più amministrativi. Assume quindi la funzione di tutore della Comunità, Comunità che viene ritenuta una sorta di incapace da sottoporre a tutela. Dai compiti amministrativi a quelli finanziari il passo è breve, e con questo si vanno a toccare direttamente le autonomie del Comune, di cui si tende a ridurre le disponibilità finanziare e ad accentrarle. Compito dell’Intendente è anche quello di difendere il Comune nei confronti degli interessi di qualche particolare. Deve in realtà saper fare di tutto, vengono usati “a la tache”: dal punto di vista giuridico sono una figura molto complessa, con una serie di compiti difficilmente definibili.

Toqueville ricorda in Francia 20 intendenti, ma ne ritiene il ruolo un po’ squalificante; non è così in Piemonte, dove tra gli Intendenti troviamo molti nobili.

Tralasciando il periodo francese, che vede comunque Napoleone molto attivo nell’opera di accentramento, con la Restaurazione si vuole cancellare il passato francese, ristabilendo le Regie Costituzioni; ma già nel 18, con una formula di eclettismo giuridico proprio dell’epoca, si recupera il passato francese, con una prima riforma che mirava a recuperare il meglio del periodo napoleonico saldandolo con l’antico regime sabaudo. Tornare all’antico sembrava voler dire tornare alle antiche autonomie, ma la tendenza era mitigata

dalle novità introdotte dai francesi.

E’ l’epoca in cui, a dimostrazione dell’importanza dell’argomento, fioriscono una serie di progetti, per lo più inediti, di reazione alla rivoluzione francese, con la tendenza a tornare all’antico regime, addirittura al medioevo, tanto che spesso ci si riferisce alle autonomie medioevali.

Siamo dopo i moti del ’21, per cui l’autonomia spesso era considerata una sciagura, perché lasciava ai notabili locali la possibilità di fare tutti i loro comodi; Carlo Ilarione Petitti di Roreto, convinto della necessità di controlli accentrati, ma conscio che il lasciare più autonomia poteva voler dire combattere il moderno liberalismo che si basava anche sulla sfiducia nella burocrazia tradizionale.

Quest’epoca viene analizzata dagli storici spesso in modo troppo schematico e semplicistico, tanto da vedere nella borghesia rampante del primo ‘800 dei nemici della nobiltà, che per contro era alleata del Sovrano. In realtà, come emerge anche dagli studi di M. Violardo, non vi era opposizione tra i due ceti, e risultava spesso difficile reperire i consiglieri comunali.

Il ruolo del Governo centrale era dunque quello di evitare le questioni campanilistiche, dove la cosa più importante, scevra da preconcetti e posizioni definite, era garantire la governabilità.

Il Governo non emanava norme per tutelare la nobiltà, il suo scopo era appunto “garantire la governabilità dei pubblici”. Le riforma quindi possono apparire incoerenti, ma non si può dire che fossero per favorire la nobiltà.

Un altro personaggio importante fu Santarosa. Ebbe una vita difficile, gravata da problemi economici dovuti anche all’esilio del padre. Di notevole formazione culturale, laureato in legge, vicino al Ministro degli Interni Carlo Beraudi di Pralormo (filo austriaco?) fu da questi protetto.

Lavorò ad Ivrea, a Novara e in Sardegna si adoperò per la transazione dagli antichi ai nuovi ordini. A Nizza, dove ricevette Carlo Alberto sulla via dell’esilio, nel ’49 fu eletto deputato all’unanimità (451 voti). Il cugino Camillo Cavour, lo aiutò e lo fece lavorare per sé, quando, nel ’58, volle una nuova legge provinciale e comunale.

Il progetto di Santarosa, che risultò molto complicato (con più di 400 articoli), si perse (fu a volte citato da alcuni storici che ne rimpiangevano la perdita), ma fu ritrovato nell’archivio Santarosa a Savigliano. Si presenta di particolare importanza perché rispecchia probabilmente il pensiero di Cavour (che morì troppo presto per far comprendere il suo pensiero in proposito), anche se non diventò mai legge, soppiantato dalla legge Rattazzi non certo favorevole alle autonomie.

Il progetto di Santarosa, estremamente minuzioso e da gran burocrate qual era, non era ispirato al federalismo o all’autonomia, dimostrando come questa classe politica liberale fosse molto cauta nel concedere autonomie, pur restando come base amministrativa il Comune. Vi era una tutela rigorosa, di controllo più che di governo, allo Stato doveva rimanere il potere “sovrano” già enunciato da Cavour. Il controllare, dedicato essenzialmente ad evitare di favorire partiti locali e particolarismi, significa in realtà che esiste un’autonomia, che si vuol lasciare soprattutto per le attività non fondamentali.

I Consiglieri Comunali, che rispondevano anche con il proprio patrimonio personale, prima dello Statuto erano nominati per cooptazione e dovevano rispondere a molti requisiti, per cui non sempre era facile raggiungere il numero stabilito. Cuneo, ad esempio, aveva 18 consiglieri, ma non si riusciva mai ad averli tutti. Ogni Comune aveva antichi privilegi.

(dagli appunti di Fabrizio Antonielli d’Oulx)