Qualche ricordo personale su re Umberto II

QUALCHE RICORDO PERSONALE SU RE UMBERTO II

di Carlo Gustavo Figarolo di Gropello

Lo chiamavano tuttora «il principino» le vecchie persone di servizio (allora ce ne erano ancora nelle nostre case …) ed i fittavoli più anziani reduci della “Grande Guerra” ma in realtà, alla fine degli anni 1930 era già da tempo Generale d’Armata oltre che Principe Ereditario. Lo vidi da vicino la prima volta nel Febbraio del 1941 quando fu testimonio di nozze al matrimonio del fratello di mia madre, ufficiale di marina, con l’unica figlia del Grande Ammiraglio Thaon di Revel, a Roma dove tutti vivevamo.

Si era ormai in piena guerra e ricordo bene la preoccupazione generale, le critiche mormorate e le barzellette (queste invece quasi pubbliche) sul Duce ormai al minimo della propria popolarità, mentre pure rammento la perdurante simpatia verso il Principe Umberto: tuttavia durante quel matrimonio di famiglia l’atmosfera era ovviamente serena almeno all’apparenza e rivedo ancor oggi l’arrivo di Sua Altezza Reale il Principe di Piemonte nella sua bellissima uniforme, con tutto un seguito di «pezzi grossi» militari che facevano, per la verità, la figura di modeste comparse rispetto alla elegante personalità del giovane Principe il quale per tutti, anche per me bambino, ebbe care parole.

Seguirono poi gli anni tragici del conflitto, la caduta del fascismo e l’armistizio dell’8/9/1943: il mio ricordo si sposta a Brindisi nel 1944-45 dove mio padre, Capitano di Vascello della Regia Marina, era stato nominato Comandante della Base Navale dopo l’inverno 1943-44, da noi tutti passato «alla macchia» nella Roma occupata dai nazisti.

Nella città pugliese trovammo proprio l’atmosfera da «Regno del Sud» quale fu poi definito: come era bello rivedere, dopo le contumelie e persecuzioni nazifasciste, le insegne sabaude sulle nostre belle navi in perfetta efficienza, nonché risentire i “Viva al Re” al termine delle cerimonie ma soprattutto applaudire l’ormai Luogotenente Generale del Regno durante le Sue frequenti visite a Brindisi dove pure si era trasferita la Regia Accademia Navale!

Noi abitavamo nella medesima palazzina «erariale» all’interno della «Difesa Militare-Marittima» di Brindisi dove il Principe Umberto aveva anche vissuto, insieme al Re, alla Regina ed al Maresciallo Badoglio, nei due mesi successivi all’armistizio. Lo stesso Principe volle rivedere la casa durante una delle Sue visite e fu così che io ebbi l’onore di incontrarlo una seconda volta: mio padre mi disse poi che in quell’occasione Sua Altezza Reale esternò soprattutto la Sua pena per la fine tragica di un ex allievo di papà, il Comandante Carlo Fecia di Cossato, Medaglia d’Oro al Valor Militare, suicidatosi perché vedeva tradito dai nuovi politicanti di governo il principio di fedeltà al Re, capo dello Stato, in nome del quale solamente la Marina e lui stesso avevano compiuto il soffertissimo sacrificio di non autoaffondare le proprie navi dopo l’armistizio.

Nell’autunno del 1945 rientrammo a Roma, senza mio padre nel frattempo trasferitosi ai Laghi Amari, in Egitto, quale Comandante della Regia Corazzata Italia (ex Littorio) colà internata, ma destinata alla guerra contro il Giappone poi arresosi, ripiombando nel clima antimonarchico già conosciuto sotto i nazifascisti, con il Luogotenente del Regno praticamente confinato nel Quirinale, ma noi del Fronte Monarchico Giovanile potevamo a volte vederLo la Domenica pomeriggio nei giardini del palazzo, aperto al pubblico in alcune occasioni.

Ci si avviava chiaramente verso lo «show down» Monarchia-Repubblica ad armi del tutto impari con Ministri, partiti politici; giornali e così via tutti dichiaratamente repubblicani e con la propaganda monarchica osteggiata in tutte le maniere, anche con la forza bruta, dalle stesse forze di polizia (come il famigerato 3° Celere tutto composto da ex partigiani comunisti fatti affluire a Roma dal Ministro dell’Interno, il socialista Romita).

Purtroppo ci mancava una «leadership» vera e  propria ed un vago coordinamento ci veniva solo, frammentariamente, da poche benemerite personalità, spesso troppo anziane, come il Senatore Alberto Bergamini, il Generale Roberto Bencivenga (entrambi fondatori della «Concentrazione Democratico-Liberale»), l’Onorevole Alfredo Misuri, l’avvocato Roberto Lucifero, il giornalista Manlio Lupinacci e soprattutto Enzo Selvaggi fondatore del Partito Democratico Italiano con l’unico quotidiano dichiaratamente monarchico, ITALIA NUOVA.

Venne però finalmente il giorno che noi giovani monarchici romani di allora abbiamo ben scolpito nella memoria, quando il 5 Maggio 1946 un semplice comizio (eravamo ormai già in campagna elettorale per il referendum istituzionale) al Palatino, presieduto dal Prof. Natale Addamiano, si trasformò progressivamente in una grandiosa manifestazione di popolo che con un interminabile corteo attraverso le vie della Capitale fece letteralmente esplodere la fede monarchica di tantissimi, compressa per troppo tempo. La manifestazione terminò nella piazza del Quirinale, gremita di popolo con la Famiglia Reale continuamente affacciata, per rispondere agli applausi durati più di un’ora e la stessa indimenticabile scena si ripetè dopo 5 giorni, il successivo 10 Maggio, per salutare nuovamente «il principino» divenuto ormai Re d’Italia, dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele III avvenuta in quei giorni.

Ma vennero purtroppo poco dopo anche i giorni tristissimi della «Grande frode» e fu allora che ebbi il privilegio di rivedere Sua Maestà essendo riuscito, seguendo mia Madre, (papà era sempre imbarcato e non potè neppure votare come molti altri) a sorpassare i cordoni della polizia intorno al Quirinale ed introdurmi con lei nelle sale del palazzo dove, dopo aver assistito alla Santa Messa (era la Domenica 9 Giugno 1946), alla presenza di Sua Maestà in procinto di lasciare l’Italia per sempre, potemmo salutare un’ultima volta in Italia l’amato Sovrano, insieme a tanti fedelissimi, con grande commozione di tutti.

Per ognuno il Re ebbe parole carine, come solo Lui sapeva dire in ogni circostanza ed io fui ben orgoglioso quando vedendomi con mia madre che voleva presentarmi disse: «Ma io suo figlio lo conosco già bene …». Tra i molti personaggi presenti  a quell’ultimo addio (ambasciatori, ammiragli, generali, ecc.) ricordo gli aiutanti di campo Generale Infante ed Ammiraglio Garofalo ma soprattutto l’aiutante di campo di servizio quel giorno, il piemontese Capitano di Corvetta Giorgio Balbo di Vinadio perché fece poi avere alla mia genitrice una bellissima fotografia di Sua Maestà con dedica e data di quello stesso giorno da me gelosamente conservata.

Quasi 15 anni dopo, nei primissimi giorni del Luglio 1960, rividi finalmente il Sovrano a Cascais, subito dopo il mio trasferimento a Lisbona come numero 2 della locale Filiale FIAT e durante tutti i 5 anni di mia permanenza in Portogallo fui sempre onorato della benevolenza del Re che godeva del massimo prestigio, in ogni ambiente lusitano dove si faceva a gara nell’invitarLo ed incontrarLo.

Ma Umberto II tendeva piuttosto ad una vita scevra di mondanità, frequentando pochi amici e privilegiando soprattutto gli incontri con la numerosa comunità italiana che si riuniva solitamente intorno al Sovrano ogni Domenica, dopo la S. Messa, nell’antica Chiesa degli Italiani a Lisbona.

Il Re era confortato soprattutto dalla vicinanza della sorella, la Regina Giovanna di Bulgaria, nonché dai personaggi a Lui strettamente legati quali il Conte di Parigi, capo della Casa Reale Borbone-Orleans, il Conte di Barcellona padre dell’attuale Re di Spagna ed altri come la piemontesissima marchesa Olga de Cadaval nata di Robilant, considerata la prima signora di Lisbona per le sue qualità personali oltre che per il nome della famiglia di acquisto, ramo di quella Reale portoghese. Un altro piemontese «portoghesizzato» per matrimonio era il conte Carlo Nigra (discendente del famoso Costantino) al quale il Re si appoggiava spesso per tante incombenze delicate.

“Capo della Casa di Sua Maestà” ovvero primo aiutante del Sovrano era il Generale Conte Federico Avogadro di Vigliano, gran signore che teneva tra l’altro anche i collegamenti con l’Ambasciata d’Italia (il Re ovviamente non poteva, direttamente), alternandosi durante le proprie assenze con sostituti quali il barone Galli-Zugaro, il generale Giberti, il conte Pianzola e forse altri che non rammento. Capo amministrativo della piccola corte di Cascais era il conte Raimondo Olivieri coadiuvato dal Comm. Turconi e dal Cav. Cecinato mentre segretaria particolare del Re era la ben conosciuta Signorina Maria Luisa Rabbia. Particolarmente caro al Sovrano era il Suo domestico personale, l’ex corazziere Trigatti, sposatosi con una portoghese, purtroppo prematuramente scomparso negli anni della mia permanenza a Lisbona.

Personaggio assai interessante era il Generale Medico Prof. Castellani, conte di Chisimaio, già Capo della Sanità Militare del Regio Esercito, massimo esperto di malattie tropicali, il quale pur vecchissimo aveva voluto seguire in esilio il Sovrano creando però a Cascais non poco scompiglio tra i collaboratori del Re per la continuazione di esperimenti su batteri da lui allevati in provetta con pericolose “fuoriuscite” dei batteri stessi … Tutta questa vera e propria Corte, anche se ridottissima, viveva a Villa Fert e Villa Azzurra, entrambe poco discoste da Villa Italia dove risiedeva Sua Maestà senza più la Regina ed i figli (salvo saltuariamente la principessa Maria Beatrice).

Passarono per me altri 12 anni dopo la mia partenza nel 1965 quando al Cairo, dove ero diventato il responsabile della struttura FIAT in Egitto, ebbi l’onore di organizzare la visita del Re per le commemorazioni del trentennale della morte in quel paese del Re Vittorio Emanuele III negli ultimi giorni del Dicembre 1977 e furono quelli anche giorni indimenticabili al Cairo, ad Alessandria d’Egitto (dove è sepolto il padre di Re Umberto) e ad El Alamein dove il Sovrano volle assolutamente recarsi per onorare il Sacrario dei caduti.

Le Autorità egiziane ebbero la massima considerazione possibile e Re Umberto fu accolto ovunque, ma specie dalla importante colonia italiana locale, con onori quasi ufficiali. Lo stesso nostro Ambasciatore dette ogni collaborazione in via privata e tutto fu insomma un grande successo: io ebbi l’onore di essere decorato personalmente dal Re dell’Ordine di S. Maurizio e Lazzaro, prima della sua partenza al termine della visita.

Sua Maestà venne in Egitto successivamente altre due volte, l’ultima nel 1981 poco prima del mio trasferimento dal Cairo e posso dire quindi, modestamente, di avere conosciuto l’amato nostro ultimo Sovrano da quando era ancora chiamato il «principino», pur essendo già un giovane Generale d’Armata, a poco prima della Sua morte nel 1983: un ricordo, scolpito per sempre nel cuore, con un esempio di grandissima dignità di vita quale Sovrano, quale Signore e quale Uomo, ricordo particolarmente struggente oggi nel 25° anniversario della Sua morte!