Parere del Consiglio di Stato dello scorso 12 aprile 2012

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. I – parere 12 aprile 2012 n. 1783 – Pres. Patroni Griffi, Est. Roxas – Oggetto: Ministero dell’interno – dipartimento affari interni e territoriali. Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Sig. G.C. avverso provvedimento di diniego di aggiunta di cognome e predicati nobiliari.

E’ legittimo il decreto ministeriale con il quale è stata rigettata la domanda di aggiunta di cognome e predicati nobiliari, presentata ai sensi dell’art. 84 dell’Ordinamento dello Stato Civile (D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m.), specificando di poter eventualmente valutare in termini positivi la sola aggiunta del cognome della nonna materna (fosse o meno da identificare con la nobile famiglia indicata dal richiedente), atteso che l’aggiunta di predicati nobiliari esula dalle competenze ministeriali (nella specie il richiedente aveva chiesto di aggiungere al cognome anche il seguente predicato nobiliare: “Von Hottenstanfon Plantagenet Heristal Comneno Schaben Bareu Holenzolleru Altavilla”1 1 (1) Ha precisato il parere in rassegna che, nel vigente ordinamento repubblicano, i titoli nobiliari non costituiscono contenuto di un diritto e, più ampiamente, non conservano alcuna rilevanza, restando estranei al mondo giuridico. Ai sensi XIV Disposizione Finale della Costituzione, infatti, “i titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome”.

E’ stato ricordato che, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale, “accanto alla tradizionale funzione del cognome quale segno identificativo della discendenza familiare, con le tu NON BASTA!!! Abbiamo raccolto più di 100 fotografie di chevalières, ma non basta… 2 tele conseguenti a tale funzione, occorre riconoscere che il cognome stesso in alcune ipotesi già gode di una distinta tutela anche nella sua funzione di strumento identificativo della persona” (Corte cost. 3 febbraio 1994, n. 13). Fra queste ipotesi la giurisprudenza della Cassazione ha ammesso anche quella che suole definirsi, con un neologismo, cognomizzazione del predicato nobiliare (Cass. Civ., n. 2426 del 7 marzo 1999).

Ne consegue che “poiché l’intento del Costituente fu quello di evitare che, dal disconoscimento dei titoli nobiliari potesse derivare una lesione del diritto al nome, le vicende del diritto attribuito dalla XIV Disposizione devono essere valutate non secondo le norme che regolavano la successione nei titoli nobiliari, ma alla stregua di quelli che disciplinano i modi di acquisizione del nome, e, conseguentemente, che la tutela di tale diritto sotto ogni aspetto (sia per quanto attiene alle forme del procedimento ed a soggetti legittimati a prendervi parte sia per quanto riguarda l’esecuzione dei provvedimenti) deve seguire le regole che il vigente ordinamento detta per la tutela del diritto al nome.

Ne segue che le vicende relative alla cognomizzazione dei predicati nobiliari è rimessa alla competenza esclusiva dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria, secondo le regole dettate per la tutela del nome, concentrandovi una azione di accertamento di un diritto soggettivo (art. 6, Codice Civile) che esula dall’ambito discrezionale dell’autorità amministrativa. In tal senso, la circolare n. 10/2008 del 30 settembre 2008 (prot. F/397-9436) dispone che, ogni qualvolta la domanda dell’interessato, se pur formalmente rivolta all’Amministrazione come domanda di modifica del cognome, sia in realtà motivata e giustificata dal presunto diritto a vedersi riconoscere la cognomizzazione LA SEZIONE Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. 0005351 del 3 maggio 2010, pervenuta il 13 maggio successivo, con la quale il Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine al ricorso in oggetto; Esaminati gli atti e udito il relatore consigliere Giuseppe Roxas; Premesso: Il Sig. G.C. ha presentato domanda, ai sensi dell’art. 84 del novembre 2000, n. 396 (ordinamento dello Stato Civile) di aggiunta del cognome “P.” e del predicato “Von Hottenstanfon Plantagenet Heristal Comneno Schaben Bareu Holenzolleru Altavilla”.

L’istanza era diretta a conseguire l’aggiunta al proprio cognome di quello della nonna materna Giovanna P., con tutti i predicati nobiliari so- di predicati nobiliari, tale domanda non potrà trovare accoglimento, dovendo il richiedente necessariamente proporre azione in via contenziosa ordinaria nei confronti del Pubblico Ministero, dell’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio e degli eventuali controinteressati. pra indicati, preesistenti al 28 ottobre 1922 e spettanti alla famiglia di questa, ai sensi della XIV Disposizione finale della Costituzione. Tenuto conto degli atti forniti a corredo dell’istanza, privi di indicazioni circa la effettiva reperibilità agli avi dell’interessato e, comunque, estranei alla documentazione di stato civile (atti di nascita e relativi allegati) e anagrafica, veniva interpellato l’Archivio Centrale dello Stato, che detiene il fondo documentale proveniente dall’ex Consulta Araldica. Tale istituto evidenziava che, negli atti posseduti, figurava unicamente la famiglia P., ma che non disponeva di strumenti per accertare se si trattasse di ascendenti della nonna materna del richiedente.

Su tali basi, la competente Direzione Generale comunicava all’interessato, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, un preavviso di diniego, specificando di poter eventualmente valuta- 3 re in termini positivi la sola aggiunta del cognome “P.” (fosse o meno da identificare con la nobile famiglia indicata dal richiedente) considerando altresì che l’aggiunta di predicati nobiliari esula dalle competenze ministeriali.
In assenza di riscontro positivo da parte dell’istante, con decreto ministeriale del 6 marzo 2008, la domanda veniva respinta.
Avverso tale provvedimento propone ricorso straordinario al Capo dello Stato il Sig. V., nella sostanza ribadendo la sussistenza dei presupposti per la concessione delle richieste aggiunte al cognome. L’Amministrazione ritiene il ricorso infondato e ne chiede la reiezione.

 

di Paolo Fabris