Giulia Vittorina Falletti di Barolo Colbert de Maulévrier, nobile di stirpe e di vita.

Una figura di spicco nell’Aristocrazia piemontese dell’800 Non capita spesso che la folla ad un convegno a Palazzo Barolo, abituale e prestigiosa sede di incontri, dibattiti e conferenze, sia talmente fitta che la sala grande (quella, per intenderci, posta al termine della scalinata) non basti ed occorra addirittura aprire la saletta piccola ( laterale) per far posto alla gente.
Invece è avvenuto il lunedì 29 marzo, alle 21, allorché in via delle Orfane ha preso avvio l’incontro dedicato a “Giulia Vittorina Falletti di Barolo Colbert de Maulévrier, nobile di stirpe e di vita, figura di spicco nell’aristocrazia piemontese dell’800”.
Organizzato da Vivant (nella specie, da Paolo Giugni, vero e proprio factotum ) e dall’Opera Barolo, il convegno presentava una doppia valenza: costituire il sigillo, per così dire, delle celebrazioni legate al centenario di traslazione delle spoglie della Barolo dal Cimitero di S. Pietro in Vincoli alla Chiesa di S. Giulia.
E, dall’altro lato, rappresentare un momento forte dell’impegno di “Vivant”, l’Associazione che tale convegno aveva intensamente voluto, nell’abito dei propri fini istituzionali.
“Un momento – come ha sintetizzato il Non perdetevi la visita guida da Nicoletta de Siebert alla mostra “Uno sguardo nelle dimore piemontesi” organizzata dall’ADSI moderatore, che è anche l’estensore del presente articolo – in cui i nobili di Torino e del Piemonte, nel ricordare i meriti della Marchesa, ne ribadiscono quasi l’appartenenza ante litteram alla Associazione e la sua incarnazione dei valori che Vivant persegue e vuol far conoscere”.

La dotta ed agile relazione di Gustavo Mola di Nomaglio (“Nobiltà e carità nella Torino dell’800”), soffermatosi sullo slancio solidale che nella città investita dagli effetti perversi della rivoluzione industriale, ebbero i vari d’Azeglio, i Birago di Vische, i Del Carretto, i Tapparelli d’Azeglio, i Valperga di Masino e tanti altri, ha mostrato con evidenza che la Marchesa non fu affatto “una mosca bianca” della solidarietà nell’aristocrazia di allora.
“L’elenco – ha commentato infatti Mola – potrebbe durare ancora molto a lungo. Ed è tutto da dimostrare che lo stimolo alle opere di beneficenza nei nobili fosse di carattere eminentemente egoistico, solo “per salvarsi l’anima” come sono soliti affermare alcuni storici per lo più di area marxista”.
Alla relazione di apertura hanno fatto seguito due lunghe e complesse carrellate genealogiche: Tomaso Ricardi di Netro si è intrattenuto in primis sulle personalità eminenti di spada e di toga che nei secoli illustrarono le famiglie Falletti e Colbert.

Uno degli ultimi discendenti della gloriosa famiglia, Francois de Colbert, giunto appositamente dalla Francia, ha illustrato in dettaglio la vicende degli esponenti più illustri; anche la famiglia Falletti era rappresentata da Giorgio Brizio Falletti di Castellazzo. Di tutt’altra natura la relazione di sr. Marilena Crivello, dell’Ordine religioso di Sant’Anna (fondato dal marito di Giulia ma da lei sviluppato) e di Paolo Galli, navigato amministratore dell’Opera.
A sottolineare i vari interventi dei relatori, di tanto in tanto i toni caldi, talvolta commossi, di una voce recitante d’eccezione, quella di Francesca Lombardi Gromis di Trana, la quale ha riscosso applausi convinti soprattutto nella lettura del “manifesto” di Giulia, la celebre lettera al lord inglese nella quale la Marchesa annuncia la sua intenzione di spendere definitivamente la propria vita in favore dei poveri, nel tentativo di “risarcirli” in parte delle colpe degli avi.

di Massimo Boccaletti