Considerazioni in occasione della presentazione, a Superga, il 19 giugno 2006, del libro di Francesco Floris “I Sovrani d’Europa Una storia del vecchio Continente attraverso le vicende e i segreti delle Famiglie che vi regnarono”

Siccome non vorrei che il mio punto di vista sul libro di Francesco Floris, di cui oggi parliamo, si stemperasse troppo nel corso di questa chiacchierata, nella quale mi soffermerò su vari temi storici, giuridici e di attualità legati a singoli principi e famiglie sovrane, devo innanzitutto sottolineare che ci troviamo di fronte ad un’opera fondamentale, direi indispensabile – ora che è disponibile – a corredo di qualunque lettura storica. Si tratta di una fonte scrupolosamente compilata di notizie che spesso possono essere reperite solo attraverso la consultazione di una molteplicità di opere specialistiche, resa agevolmente fruibili grazie ad indici dettagliatissimi.

Il prezzo, faccio per un attimo l’agente di vendita della Newton & Compton, è davvero estremamente contenuto per un libro di quasi 1500 pagine e credo che acquistarlo ed averlo a portata di mano sia, a dir poco, opportuno. Esso tornerà utile in molte occasioni e risponderà a mille curiosità. Non si tratta di frasi di circostanza. Prima che alcune novità si affacciassero sull’orizzonte della cronaca, anzi dovrei dire della cronaca nera, avevo già preparato gli appunti per presentare, “a braccio”, I sovrani d’Europa, una storia del vecchio continente attraverso le vicende e i segreti delle famiglie che vi regnarono, annotando, mentre scorrevo e leggevo il volume, tutta una serie di temi e nomi che offrivano spunti di approfondimento. Poi è successo qualcosa che mi ha costretto a modificare completamente l’approccio.

Mi scuso ma ho dovuto, tra l’altro, scrivermi una traccia, per non rischiare di lasciarmi troppo trascinare da fatti e questioni che, pur essendo di grande attualità, io vedo inevitabilmente contigui al tema del libro di Floris ed interagenti con esso. Terribilmente arrabbiato, infatti, mi sono sentito costretto a pesare, essenzialmente per rispetto all’autore, agli organizzatori, all’editore, le parole che dirò.
Se la magistratura di Potenza ha messo in atto un attacco giudiziario contro i Savoia (e vedremo se il presidente Cossiga ed altri hanno ragione nel dubitare del fondamento e della correttezza dell’azione penale in corso), alcuni media hanno colto l’opportunità per fare di ogni erba un fascio e per sostenere che le monarchie (e quindi i re) costituiscono ed hanno sempre costituito un regime corrotto. A prescinA Xxxx ospiti dei marchesi Xxxxxxxx! 2 dere dagli impatti, dannosi anche per il Piemonte, per le residenze sabaude, per il nostro turismo, che soprattutto ruotando attorno a certi simboli può crescere in modo verticale, alla luce delle novità, credo sia ora in qualche misura opportuno, in primo luogo, spiegare che Floris ha dedicato il proprio lavoro – ripeto di non comune importanza, vastità ed interesse – sempre rigoroso, oggettivo ed esente da tentazioni agiografiche e da intenti di dare corpo a ricostruzioni oleografiche, ha dedicato il proprio lavoro, dicevo, non ad un in massima parte estinto network di associazioni per delinquere, ma a coloro che, sostenuti dalla religione Cristiana, risultano essere i padri e gli artefici delle nostre condizioni di vita, della nostra libertà di oggi e di quella di ieri, certo non democratica, ma concreta.
Le nostre condizioni di vita, infatti, non sono frutto del caso, ma di un millenario lavoro, svolto spesso di concerto tra re e sudditi o – come nell’esempio sabaudo – in uno scenario addirittura di incontestabile e multisecolare coesione tra popolo e sovrani. Molte delle dinastie studiate da Floris, hanno avuto un ruolo forte e fondamentale nel radicare e difendere la civiltà occidentale, e i principi del cristianesimo – marcatamente del cattolicesimo – e nel radicare e difendere il mondo e modi, nel complesso e diffusamente gradevoli, in cui noi occidentali viviamo. In un giorno forse non lontano alcune di queste dinastie (o meglio ciò che esse furono prima che le politiche rivoluzionarie le privassero di una parte importante del loro ruolo e significato) oggi ancora spesso deprecate, saranno vivamente rimpiante da parte dei nostri discendenti, forse addirittura dai giovani di oggi.
Cosa accadrà Domani? Dove ci porterà quella che quasi dieci anni fa, il 14 ottobre 1996, Guido Ceronetti chiamava già lucidamente, in un suo articolo su un quotidiano, <>? Alberto Ronchey, in un fondo sul <> dello scorso 3 giugno parla di <>. Anche una penna ed una testata che non possono essere tacciate in alcun modo di razzismo o di appartenere all’ – ormai quasi inesistente – campo “reazionario” – si sono dunque accorte che la civiltà occidentale, in mancanza di immediate prese di coscienza e conseguenti ed altrettanto immediati e decisi piani d’azione, è destinata ad essere travolta e annientata in pochi decenni.

Sempre che non sia già troppo tardi. Quando parlo di civiltà travolta, voglio sottolinearlo, intendo parlare di qualcosa di concreto non di un concetto astratto, parlo di uomini, di bambini e di donne. Oggi si inseguono libertà e schemi di valori che non portano lontano.
Non è certo con battaglie di presunta civiltà quali il gay pride – l’esempio torinese di due giorni fa era troppo a portata di mano per resistere alla tentazione di farlo – che il mondo occidentale si conquisterà un futuro. Tra l’altro – sia detto per inciso e senza intento di mettere in discussione i gusti altrui – mi chiedo …. ma dove mai sarebbero tutti questi omosessuali maschi e femmine se i loro genitori avessero avuto le loro stesse tendenze sessuali? Due generazioni così e il mondo sarebbe solo più abitato dagli animali.
Queste battaglie riempiono le pagine dei giornali, riempiono le televisioni con i toni trionfalistici dei loro protagonisti, riempiono le teste di tanta gente. Sembra che la libertà sia questa e che sia stata inventata adesso.

Chiunque, invece, studi, forse non tanto sui libri di scuola o attraverso la monopolistica e dogmatica produzione dell’École des Annales, ma sulle fonti, i tempi andati, quelli in cui la scena era dominata dalle dinastie a cui è dedicato il volume di Floris, per intenderci, constata che esisteva una vera libertà, non di quelle illusorie, per così dire “politiche” ma di quelle sostanziali, quelle che servivano a vivere secondo e nel rispetto dei propri costumi, gusti, natura ed esigenze. Siccome dal libro di Floris, si ricava la sensazione che i sovrani europei qualcosa di buono per i loro popoli, per le loro identità, per le loro libertà, in fin dei conti lo abbiano pur fatto, è quasi necessario soffermarsi per un attimo, preliminarmente, su una propagandata visione delle monarchie, negativa a senso unico [e dalle antiche radici], che ha in questi giorni ripreso un bel vigore. Le notizie di stampa odierne ci obbligano, in effetti, a fare mente locale su ciò che rappresentarono le monarchie e le case sovrane. Nei media, nel giro delle ultime ore vi è chi si è sbizzarrito nel tentativo di dimostrare che esse furono – e sono – come ho appena detto, null’altro che associazioni per delinquere.

In questo campo si è distinta per unilateralità e capacità di fare disinformazione, <> di Torino. Sul numero di sabato scorso, ad esempio, si è potuto leggere un articolo del giornalista Riccardo Barenghi, che ha scritto dei re in generale, traendo spunto dalla vicenda di S.A.R. il Principe Vittorio Emanuele ………… <>. Senza badare alle carenze culturali evidenziate da queste espressioni non foss’altro che sotto un profilo storico-giuridico, possiamo aggiungere che Barenghi (tra l’altro viene spontaneo chiedersi, da un punto di vista strettamente etimologico, se questo cognome sia frutto di un rotacismo) Barenghi, dicevo, prosegue con mille presunte sozzure fatte dai Re in tutti i tempi, pur ammettendo, suo malgrado, che qualcuno fece anche qualcosa di buono.
Quanto a Vittorio Emanuele, però, nessuna clemenza, l’articolo procede con una soddisfatta e severa condanna d’ufficio e senza appello, che sembra anticipare qualunque giudizio, quasi coordinata con quelli che sembrano essere gli intenti del p.m. Woodcock (ovvero del p.m. beccaccia traducendo in italiano il cognome, sfuggendo alla tentazione di operare traduzioni volgari). In ogni caso i più accaniti detrattori delle monarchie di oggigiorno non sono neanche un po’ originali o coraggiosi, neppure un de La Chatre o un un Latty, d’altronde, rischiavano qualcosa a denigrare – a metà Ottocento, non ieri – le monarchie o i pontefici. Cosa che effettivamente fecero in libri che sin dal titolo annunciavano la loro intenzione denigratoria, come la Storia del dispotismo, ossia Papi Imperatori, Re … loro fasti e reati, o la Storia dei papi, crimini, assassinii, avvelenamenti, parricidi, adulteri, incesti da San Pietro a Gregorio XVI (Histoire des papes, crimes, meurtres, empoisonnements, parricides, adulteres, incestes, depuis saint Pierre jusqu’a Gregoire 16).

Bel dispotismo quello papale o regio che permetteva la circolazione di gran- 3 di tirature di volumi non solo velenosi ma anche letteralmente zeppi di falsità. Insomma, se gli attuali nemici giurati delle monarchie vecchie e nuove non brillano certo per la loro originalità, eccellono per qualunquismo ed incapacità di scavare sotto la crosta dei luoghi comuni e delle falsificazioni storiografiche. Probabilmente in ogni forma istituzionale vi sono pregi e difetti che meriterebbero di essere valutati con atteggiamento meno talebano. Nelle monarchie del passato (e occorrerebbe qui operare una serie di distinguo storici-geografici-cronologici) ci saranno stati pure tanti difetti, ma in esse è anche indiscutibilmente ravvisabile un modello politico garante delle libertà e dei diritti dei sudditi. … E questo anche con riferimento ai momenti in cui l’assolutismo regio conobbe le sue più complete affermazioni. Col termine assolutismo, non è fuori luogo precisarlo intendo riferirmi, pur essendo ben chiaro che già le monarchie medievali potrebbero essere convenzionalmente comprese nell’accezione di <>, al periodo della storia europea situato tra i decenni centrali del Seicento e la Rivoluzione francese.

Lo stesso concetto di monarchia assoluta, così come comparso durante l’epoca rivoluzionaria per indicare l’esercizio di un potere arbitrario più che illimitato da parte di un sovrano (<>, ovvero non condizionato dalle leggi) sta oggi franando ed appare obsoleto e tendenzioso: è uno di quei tipici frutti del fazioso e falsante pensiero illuminista. I sovrani d’Europa, non esclusi i Savoia, furono sì liberi dalle leggi civili, alle quali potevAno derogare, ma furono anche costantemente condizionati dalle <>, dal rispetto delle quali a nessun monarca era lecito esimersi, e ancor di più dalle leggi fondamentali dei diversi Stati, dai diritti e dalle consuetudini, libertà, privilegi, costumi e, quindi, dalla costante necessità di mediare con i corpi intermedi e gli interessi corporativi.
La forza dei coutumiers, lo si può dire senza timore di poter essere smentiti, era tale attraverso l’Europa ancora nel primo Settecento, che spesso i princìpi e le regole di natura consuetudinaria finivano per essere prevalenti rispetto a qualunque altra forza normativa. Ma vorrei dire di più, siccome Floris parla anche di tante dinastie da lungo tempo scomparse, addirittura uscite di scena già nel medioevo, dopo avere svolto un loro ruolo comunque significativo, vorrei spezzare una lancia anche a favore di quell’epoca tanto bistrattata.
Avete presente l’immagine più diffusa dell’epoca medioevale?

Un tempo fosco di soprusi, fame ed ingiustizie? Anche questa visione sta tramontando e un giorno sarà forse rivalutato addirittura l’ottocentesco punto di vista del detestatissimo Clemente Solaro della Margarita, dal quale traggo, ad esempio, questa descrizione: Il medioevo fu il <>. Alcuni giorni or sono ho trovato in una libreria antiquaria torinese un volume di mitica rarità, che da anni cercavo e, a mio giudizio, di straordinaria importanza nel campo della storia delle idee. Il libro di cui parlo è il Recueil de pieces curieuses sur les matieres les plus interessantes, di Alberto Radicati di Passerano, pubblicato a Rotterdam nel 1736.
Oggi noto soprattutto agli specialisti, questo saggio del Passerano costituisce una micidiale miscela materialista, in cui si fondono egualitarismo, comunismo ante litteram, odio, soprattutto, per la chiesa cattolica, dando vita ad un insieme abbastanza estremo da ritenere che possa avere ispirato in modo non marginale Marx e Proudhon ed altri sulla loro lunghezza d’onda. Lungo questo filone di idee il Radicati, pur con talune sue apparenti ingenuità, potrebbe agevolmente sottrarre, in termini cronologici, il primato a chiunque. Egli, seppur nobile (apparteneva ad una delle più antiche e principali famiglie feudali piemontesi) ed uomo del Settecento, non era certo influenzato in campo politico né dal proprio ambiente né dal suo tempo.
Infatti, pur preferendo un regime democratico Radicati finisce (molti distinguo che occorrerebbe fare sono impossibili in questa sede), potremmo proprio dire, per come sviluppa il suo discorso suo malgrado – e non senza contraddizioni -, per ammettere, che un regime monarchico assoluto e “paterno” potrebbe essere, sotto determinate condizioni (essenzialmente i re cattolici dovrebbero secondo lui aderire al mondo protestante e scacciare tutti i preti cattolici dal proprio regno), una buona forma di governo. Per uno che può essere annoverato tra i più precoci propalatori delle visioni illuministe, che prepararono il terreno per la demolizione delle monarchie e fin dove possibile della Chiesa in Europa si tratta di un’ammissione non di poco conto, un po’ come l’onore delle armi reso da un nemico. Il volume di Floris si apre con uno sguardo sui caratteri generali delle sovranità europee e sui valori comuni ai re, educati sin dalla nascita ad <>.

L’autore si sofferma sui limiti imposti al potere regio, sulla natura stessa del potere, sui principi educativi trasmessi di padre in figlio, sui doveri dei re, espressi in antichi trattati di <>, sulla loro costante ricerca dell’abbondanza e, quando possibile, della pace a beneficio dei sudditi. Di molti di questi aspetti è tracciata l’evoluzione attraverso i secoli. Floris dedica approfondimenti alla nascita della famiglia in generale ed ai grandi miti legati alle origini di varie dinastie regie, francesi, spagnole, scandinave, scozzesi, irlandesi e via dicendo.

La trattazione, articolata per regioni storico-geografiche, abbraccia a fianco delle famiglie reali molte grandi casate feudali, dinastie territoriali, principi e conti mediatizzati in diversi casi essi stessi di derivazione regia. Se si dovesse muovere un appunto al monumentale lavoro, questo potrebbe proprio riguardare il Piemonte, le famiglie del quale sono un po’ più trascurate di altre.
Tra le Case che in base al criterio complessivo avrebbero meritato opportuno spazio, possono essere menzionati i Biandrate, ai quali si accenna appena; gli Incisa e i del Carretto che non sono menzionati del tutto, 4 mentre il cenno sui Savoia è stringato in rapporto a quelli di altre casate. Probabilmente l’autore ha inteso privilegiare famiglie meno note, ben conscio che la bibliografia riferita a questi temi e famiglie è in Piemonte vasta e diffusa. Lascio ulteriori commenti e valutazioni ai lettori e torno come avevo promesso, a Barenghi. Ho già parlato della sua condanna d’ufficio nei confronti di Vittorio Emanuele. Devo annotare che in conclusione dell’articolo citato poco fa gli viene per un attimo un dubbio (e se Vittorio fosse innocente?).

Ma il giornalista esorcizza questo timore, finendo con la frase, che sembra addirittura incredibile (anche se è ben spiegata dalla sua provenienza da una testata settaria come il Manifesto) e che ne suggella l’impossibile obiettività, <> e non pare proprio che l’autore si auguri semplicemente che non si stia consumando un’ingiustizia. Di fronte a simili premesse, se anche gli capitassero per le mani le prove irrefragabili dell’innocenza del principe chissà cosa ne farebbe. E gli “inquisitori”? Ma non voglio concludere senza ritornare al libro di Floris. In esso la lunga durata, valore tipico delle monarchie e delle nobiltà europee, emerge con grande forza rispetto all’effimero di tanti “valori” (o disvalori) odierni. Il modello che nel volume si configura, costituito dalle monarchie occidentali, rappresenta la sopravvivenza rispetto alla morte.
E noi di questa sopravvivenza, possiamo essere, nella sede privilegiata in cui ci troviamo, in qualche modo testimoni.
Qui, a Superga, gli antichi sovrani vivono ancora, nel ricordo di tanti visitatori, di tanti italiani.
Io non credo che basterà una beccaccia la cui correttezza deve ora trovare conferme a macchiare il nome dei morti o dei vivi. Sono convinto che tutti i piemontesi abbiano interesse a difendere l’onore del nome dei Savoia, perché esso è una ricchezza per l’intera regione. Milioni di turisti ogni anno potrebbero visitare, ad esempio, se opportunamente pubblicizzate, le splendide residenze sabaude e le tante istituzioni culturali volute dai Savoia, dal Museo Egizio alla Galleria sabauda.

Pochi affronterebbero un viaggio per entrare nel covo di una banda di delinquenti, come vorrebbero personaggi come Barenghi e Woodcock. Intanto vi è chi crede fermamente che dalle tombe stesse possa prorompere un terribile anatema. Chi vivrà vedrà.

di Gustavo Mola di Nomaglio