Cavour prepara il Piemonte al 1859 1859
Nella visione tradizionale della storia d’Italia vuol dire la Seconda Guerra d’Indipendenza e l’avvio di avvenimenti che avrebbero portato due anni dopo all’unificazione. Ma un punto di vista diverso è più corretto: il 1859 non è un punto di partenza ma un punto di arrivo. Nel 1859 si compie l’opera intrapresa da Camillo Benso conte di Cavour: una lunga, tenace attività sviluppata su tutti i fronti porta alla rottura degli equilibri stabiliti dal Congresso di Vienna nel 1815. Gli avvenimenti successivi non sono che le inevitabili conseguenze. Lo sbocco della questione italiana è stata la guerra ma comunque, anche se non ci fosse stata la guerra, la situazione anomala dell’Italia non poteva più essere ignorata e drastici cambiamenti erano inevitabili. Nel decennio che va dal 1849 al 1859, l’opera di una classe politica illuminata trasforma il Piemonte che nel 1859 è uno stato moderno, con un sistema politico democratico, dove la stampa è libera, con un’economia in rapido sviluppo supportata da infrastrutture (strade, comunicazioni, ferrovie) all’avanguardia. Soprattutto ha conquistato un sicuro prestigio in Europa ed il diritto di parlare in nome dell’Italia. Ripercorrere l’attività di Cavour richiederebbe troppo tempo; limitiamoci a ricordare e descrivere alcuni momenti fondamentali. Il primo è quando Cavour, che fino ad allora era essenzialmente un uomo d’affari, rivolge i suoi interessi alla politica. Due documenti soprattutto testimoniano questa conversione.
Il primo è l’articolo “Des chemins de fer en Italie” pubblicato sulla Revue Nouvelle a Parigi nel maggio del 1846. Qui una visione lungimirante e coerente Alcune foto dell’incontro con S.A.R. Emanuele Filiberto il 31 maggio 2009 a Castiglione 2 dello sviluppo delle ferrovie si trasforma in un progetto che è insieme politico ed economico: le ferrovie non solo sono determinanti per lo sviluppo dell’economia della nazione, ma anche per l’inserimento di questa nella realtà dell’Europa più avanzata. Insieme alle persone e alle merci viaggeranno le idee e non potrà non nascere una coscienza nazionale. Il secondo è l’articolo che Cavour pubblica sul primo numero del giornale “Il Risorgimento” da lui fondato nel dicembre del 1847. Ancora un programma politico e la rinnovata affermazione che solo in un clima di libertà ci può essere progresso civile e che questo non può non accompagnarsi al progresso economico. Saltiamo al 1856: Cavour torna dal Congresso di Parigi indetto dopo la conclusione della guerra di Crimea. Cavour è parzialmente deluso; sperava di ottenere dei vantaggi territoriali che non ci sono stati ma i risultati sul piano politico sono notevoli. Francia e Inghilterra hanno accettato di trattare nel corso del Congresso la questione italiana; soprattutto hanno accettato di avere come interlocutore il Piemonte posto sullo stesso piano delle tradizionali grandi potenze. E’ il primo colpo all’ordine stabilito dal Congresso di Vienna che aveva stabilito che in Europa ogni problema doveva essere regolato dalle cinque grandi potenze, Inghilterra, Francia, Austria, Russia e Prussia, mentre gli stati minori non avevano voce in capitolo.
Ora l’Austria è diplomaticamente isolata e messa sotto accusa per il sostegno che dà ai governi assolutisti degli stati italiani. E’ probabile che a questo punto Cavour vedesse la possibilità che il problema italiana si risolvesse per le vie della diplomazia. Ben presto però si convince che la guerra è inevitabile e, procuratosi un solido alleato, provoca l’Austria in tutti modi. Arriviamo al 1859: di fronte al precipitare della situazione Francia e Inghilterra propongono un congresso che deve essere preceduto dal disarmo del Piemonte. Sembra tutto perduto ma l’ultimatum dell’Austria ribalta la situazione e la parola non può che passare alle armi. Qui occorre sfatare un leggenda avvalorata da un affermazione di Massimo d’Azeglio: che ci fosse una probabilità su cento che avvenisse quello che è avvenuto. In realtà gli storici più attenti rilevano che l’Austria “doveva” dichiarare la guerra perché in un Congresso in cui aveva tutti contro avrebbe certamente perso molto. Probabilmente avrebbe dovuto rinunciare a tutelare militarmente gli stati dell’Italia centrale. In altri termini, Cavour ha giocato d’azzardo ma, come è logico per un abile giocatore, con una maggioranza di probabilità a suo favore. Infine la guerra: in un certo senso Cavour l’aveva vinta da anni perché fondamentali sono state le comunicazioni, soprattutto le ferrovie che hanno permesso un rapido afflusso dell’esercito francese. Per la prima volta un’armata viene trasportata senza dover fare lunghe marce. Dal porto di Genova le truppe francesi sono affluite rapidamente nella zona di Alessandria tramite la ferrovia, una ferrovia che era un capolavoro di ingegneria e di tenacia nella realizzazione; la galleria dei Giovi all’epoca era la più lunga galleria esistente al mondo.