Ordinamento Nobiliare 1943

martedì 23 aprile 1996

introduzione al tema di Luigi Michelini di San Martino

L’Ordinamento Nobiliare del 1943 è al centro di numerose polemiche. Come uno dei più vecchi membri del C.N.I. posso accennare a cosa stia succedendo.

Subito dopo la guerra nacquero due associazione animate l’una da Bisio e poi da Annibale Brio, e l’altra animata da Carlos Ludovico Gonzaga.; soprattutto la prima si preoccupava di porre un rimedio causato dalla XIV disposizione transitoria della Costituzione (“I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome… omissis …La legge regola la soppressione della Consulta Araldica”), disposizione ambigua, che non dice molto. In realtà in materia ebbe molto più rilievo la Corte Costituzionale che con un combinato disposto con l’ art. 3 della Costituzione della Repubblica (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale…”) disponeva la non rilevanza giuridica dei titoli nobiliari.

L’Ordinamento del ‘43 risponde in realtà ad una visione settoriale di alcuni araldisti dell’epoca, che in esso hanno espresso le loro opinabili impostazioni. Essi ritenevano di fare così la summa del diritto nobiliare italiano, mentre forse è più corretto considerarlo come l’ultimo, in ordine di tempo, atto normativo in materia.

La preoccupazione del C.N.I. (nato in Piemonte ad opera di persone nobili e non) era quella di porre un punto fermo per evitare che sorgessero delle associazioni pseudonobiliari che avrebbero potuto ingenerare confusione.

Fu messa perciò una rete che bloccasse tutto quello che appariva possibile.

Chi vedeva l’Ordinamento del ‘43 come ultimo atto lo intendeva anche come limite invalicabile, come sbarramento nei confronti di chi aveva ricevuto il riconoscimento dopo il ‘43, non esistendo più una legge in materia ed essendo venuto meno il fons honorum. E’ però da osservare come nel passato gli sbarramenti avessero funzioni prevalentemente fiscali, più che bloccare l’accesso alla nobiltà.

Molte sono le domande che l’Ordinamento fa nascere:

– qual è o potrebbe essere la natura giuridica dell’ Ordinamento del ‘43 ?

– qual è stato l’effetto sull’ Ordinamento del ‘43 della Costituzione Repubblicana ? Infatti alcune norme dell’ Ordinamento non sono di carattere nobiliare, ma al massimo di diritto amministrativo (l’araldica delle città, ad esempio), quindi in alcune parti non sembrerebbe essere decaduto. Nella parte più squisitamente nobiliare ha perso la sua qualità di diritto positivo ? Ma se non è più diritto positivo, perché allora deve essere prevalente rispetto ad altre norme precedenti regolanti la materia nobiliare anch’esse non più diritto positivo ? Allora le norme precedenti hanno perso valore definitivamente o essendo caducato l’ ordinamento del ‘43 sono ora sullo stesso piano ?

– l’ Ordinamento del ‘43 ha cristallizzato una situazione ormai non più mutabile ? Oppure si possono esplicare gli effetti anche delle norme precedenti ?

– qual è ora il compito del C.N.I. ? Trincerarsi dietro l’Ordinamento del ‘43 o considerare vigente tutte le altre leggi ? Bisogna seguire la verità storica o quella giuridica ? Bisogna fare la difficile ricerca che permetta di capire quali norme furono applicate alle singole fattispecie e quali effetti successivi hanno prodotto (vedere l’ esempio della successione spagnola negli stati meridionali).

Altri sostengono invece che il diritto nobiliare esiste se vi sia il fons honorum; venuto meno questo, il diritto nobiliare si ferma in quel momento.

Bisogna dunque procedere ad un accertamento induttivo per stabilire se l’ accettare la forma restrittiva non finisca per essere una forma eversiva dello stesso stato nobiliare.

Quando i fondatori del C.N.I. hanno fatto riferimento all’ Ordinamento del ‘43, si sono scontrati con la Regia Prerogativa.

Si sono sviluppate a questo proposito due teorie:

– la prima sostiene che, essendo venuta meno in toto la Regia Prerogativa, nulla si può più cambiare, si è tutto congelato;

– la seconda ritiene che tutte le Regie Prerogative non connesse alla sovranità territoriale, stante la non legalità del mutamento in Italia, sussistevano. Non poteva il Re solo esercitare quelle Prerogative che la mutata situazione non permetteva (Capo dell’ Esercito, nomina del Governo, a meno che non fosse quello in esilio, ecc.).

L’ Ordinamento del ‘43 contiene delle contraddizioni, anche se non sempre evidenti, ma certamente con la morte del Re e quindi con la cessazione delle Regie Prerogative.

Ad esempio l’ art. 7 impone l’obbligo, per il riconoscimento di titoli nobiliari, della registrazione presso la Corte dei Conti e dell’approvazione del Governo. Finché c’era il Re e quindi sussisteva la Regia Prerogativa, questa disposizione poteva essere ignorata in quanto è il Sovrano che anche solo con il Suo comportamento stabilisce le norme; in pratica il Sovrano poteva ignorare l’ Ordinamento del ‘43, dal momento che da che mondo è mondo il sovrano è svincolato dal rispetto di determinate forme.

E’ opportuno ricordare che l’ Ordinamento del ‘43 è scritto da “fanatici” della scienza araldica, che amavano cercare di vincolare la libertà del Sovrano.

Un altro problema : l’ art. 2 fa riferimento alle norme vigenti. Come si fa ? Che cosa può voler dire oggi ?

– si fa riferimento alle norme vigenti nel 1943 ?

– oppure, non essendo più quelle norme vigenti siamo solo più sul piano di coordinazione di norme, a volte anche in conflitto tra loro ?

– che valore ha l’ Ordinamento del ‘43 , è da considerarsi una norma speciale o una norma superiore ?

Si ritiene prevalentemente che si debba fare una sorta di “restauro filologico” per capire tutto quello che c’è e che c’è stato. Dunque l’ Ordinamento del ‘43 non ha la natura di norma speciale, ma è una sorta di summa che potrebbe essere derogata dalle norme speciali, anche anteriori.

Un esempio potrebbe essere rappresentato dagli ordinamenti di Giustizia e di Grazia, al di là della brillante ed intelligente definizione di Mario E. Viora “la grazia nella giustizia”.

Interessante è poi il 1° comma dell’ art. 7, che ha l’ambizione di definire, rovesciato in termini positivi, che cosa sia la nobiltà. Esso in pratica afferma che sono nobili coloro i quali siano in grado di dimostrare e di avere una concessione originaria o un altro modo legittimo di acquisto della nobiltà. E’ una definizione molto generica, a fronte della quale sta l’ art. 40, che è molto più restrittivo.

In definitiva si può affermare che l’ Ordinamento del ‘43 può essere ancora in vigore, aggiungendo la specificazione “nelle sue parti ancora applicabili”.

(dagli appunti di Fabrizio Antonielli d’Oulx)