Inconvenienti dovuti all’umidità rilevati nelle tombe dei Savoia alla Basilica di Superga di Torino

Arch. Valerio Corino – Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte – Torino

INQUADRAMENTO STORICO

I precedenti ideativi della Reale Chiesa di Superga possono essere facilmente individuati sia nella realizzazione Borrominiana di S. Agnese a Roma che nei disegni della chiesa dell’Anfiteatro Flavio del Fontana. Il tema dei due campanili affiancati ad una cupola si impone a partire dall’epoca manieristica; Juvarra lo adottò già nel 1707 per il disegno di una chiesa che intese consegnare all’Accademia di S. Luca di Roma come omaggio di neo –eletto. La storiografia corrente, in special modo quella dell’800, attribuisce l’erezione della Basilica di Superga all’adempimento di un voto che il Duca Vittorio Amedeo II avrebbe formulato il 2 settembre 1706 in onore della Vergine Maria alla vigilia della battaglia che lo vide fronteggiare le truppe franco-spagnole che cingevano di assedio la città di Torino. La decisione di stabilire sopra il colle di Superga una “Casa religiosa” fu concretizzata solo nel 1716, quindi alquanto tardi, cosa che indusse alcuni a dubitare della veridicità di quanto affermava la tradizione. Nello stesso anno iniziarono i lavori per costituire una solida piattaforma sulla quale costruire la chiesa, mentre Juvarra predisponeva i progetti definitivi del complesso avvalendosi anche di un modello ligneo, attualmente conservato in una sala al piano terra del Convento, quale utile supporto ad un disegno certo di non facile esecuzione. Il criterio informatore del progetto, secondo un’idea cara all’autore, prese lo spunto dall’invaso della grande sala a pianta centrale che generava poi, secondo direttrici diagonali e ortogonali, tutti gli altri spazi. Il progetto rispose a necessità funzionali evidentemente molto ben enunciate prima della redazione dello stesso. Infatti il primo grande ambiente fu destinato ad accogliere i comuni fedeli, mentre più vicino all’altare, in una zona maggiormente raccolta prossima alle sacrestie, vennero situate le tribune per la Famiglia Reale e per i religiosi mentre ai personaggi della Corte furono riservati i coretti o i piccoli matronei ricavati nello spazio soprastante le quattro cappelle diagonali e collegati da comode scale di taglio regolare. Anche l’organizzazione degli spazi del Convento dimostrò una particolare attenzione dello Juvarra alle esigenze dei fruitori. Gli ambienti comunitari furono ricavati nell’ala a nord ripartiti su due piani: refettorio, biblioteca, sala riunioni e servizi, mentre il lato sud di 4 piani, migliore per esposizione, fu destinato agli alloggi dei religiosi. All’interno, l’ordine unico, ampiamente adottato in molti edifici progettati dall’architetto messinese, a colonne binate individua i campi ove furono progettate le cappelle e gli alti arconi a tutto sesto e fu destinato a sorreggere direttamente l’anello del tamburo della cupola senza fare uso dei pennacchi o trombe di raccordo. Le colonne e paraste binate si ripetono all’interno e all’esterno della cupola di vago sapore michelangiolesco; essa è avanzata rispetto al corpo del Convento. Se a tutto ciò si aggiunge l’alto pronao che aumenta l’apertura in avanti dell’edificio, l’elevata originalità della concezione rispetto ai modelli tradizionali che hanno ispirato lo Juvarra risulta evidente e induce a pensare all’intero complesso come ad un’enorme macchina scenica ideata da chi, già esperto in scenografia, mirava stupire l’osservatore e dargli una realistica impressione di movimento articolato delle masse. Sotto il presbiterio della Basilica, Juvarra aveva previsto nel primitivo progetto un vano sotterraneo da destinare alla tumulazione dei Reali di corte, come da intendimento di Vittorio Amedeo II, ma l’effettiva esecuzione dei locali si dovette a Vittorio Amedeo III, che incaricò nel 1773 l’architetto di corte Francesco Martinez di preparare un progetto esecutivo per la medesima. La morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1777 non fermò i lavori che furono diretti dall’architetto Rana e dal suo assistente Ravelli. In pianta il mausoleo ha la forma di una croce latina; di fronte all’ingresso principale è situato l’altare arricchito da un bassorilievo raffigurante una Deposizione, opera di Agostino Cornacchini da Pistoia, mentre le quattro grandi statue marmoree raffiguranti la Fede, la Carità, la Speranza e il Genio delle Belle Arti sono opera dei fratelli Collino. Al centro della cripta, di fronte all’altare, è situato il mausoleo che accoglie le spoglie del Re Carlo Alberto. Altri due pregevoli monumenti funebri sono collocati negli spazi situati in corrispondenza della soprastante Cappella del Voto e della Sacrestia della Basilica: quello di sinistra fu dedicato a Vittorio Amedeo II, primo Re di Sardegna, quello di destra a Carlo Emanuele III figlio e successore al trono. Altre due camere mortuarie si aprono adiacenti ai bracci della croce: a sinistra vi è quella detta “Degli Infanti” che raccoglie le spoglie dei fanciulli, principi e principesse reali che non regnarono, mentre a destra vi è quella detta “Delle Regine” originariamente destinata a luogo di sepoltura della Casa Carignano. In tutti i locali si denota grande ricchezza nei particolari decorativi e nei rivestimenti delle pareti eseguiti utilizzando marmi policromi: le lesene sono state realizzate in alabastro di Busca, il fondo delle specchiature in marmo verde di Susa, le cornici in marmo di Valdieri. Le volte sono state interamente stuccate e in larga parte dorate.

GLI INCONVENIENTI RISCONTRATI NELLE TOMBE REALI

Quando i Servi di Maria, gli attuali usuari del complesso, comunicarono al sottoscritto e al Sig. Amedeo Di Cavio già nel 1985, gli inconvenienti dovuti all’umidità che si verificavano nelle Tombe Reali, non si conosceva la causa del fenomeno. Di fatto si constatava semplicemente che le pareti e le volte erano pericolosamente bagnate dall’umidità, la quale si depositava sul pavimento dando luogo a delle vere e proprie pozze d’acqua. Dopo avere osservato il fenomeno per qualche tempo si è verificato che questo aveva caratteristiche stagionali, accentuandosi durante la stagione estiva, principalmente nei tre mesi più caldi, giugno, luglio e agosto scomparendo del tutto invece nel periodo invernale e nelle stagioni intermedie. Solo nel 1987 è stato possibile procedere ad una rilevazione termoigrometrica degli ambienti con strumenti a batteria con rullo a durata trimestrale che hanno fornito per l’anno solare 1987 i seguenti dati:

Temperatura Umidità

febbraio 5° 85%

marzo 5° 80%

aprile 8° 90%

maggio 9° 85%

giugno 10° 90%

luglio 10° 95%

agosto 14° 88%

settembre 15° 86%

ottobre 14° 85%

Nei mesi più caldi già considerati, cioè quando si constatava l’apparire del fenomeno, si riscontravano i seguenti indici: temperatura pressoché costante rilevata nelle Tombe dei Savoia di 10°, un tenore di umidità relativa di circa il 90 – 95 %, anch’esso costante, una temperatura massima di 30°centigradi all’esterno della costruzione. L’enorme divario di temperatura misurata all’interno e all’esterno, circa 20° a fronte di un tenore di umidità relativa altissimo 90-95°, portava a concludere che il fenomeno riscontrato era dovuto principalmente ad un’umidità di condensa, cioè al famoso “effetto cripta”, già descritto perfettamente dal Massari nelle sue pubblicazioni, complice l’enorme “inerzia termica” delle spesse murature dei locali delle Tombe dei Savoia, l’assenza di vespai coibenti sotto pavimento e la realizzazione di parte degli ambienti direttamente nel cavo contro terra. Si aggiunga inoltre che i muri sono stati costruiti utilizzando la pietra di Gassino della collina torinese e quindi tendono a raffreddarsi in misura maggiore del mattone. Se riportiamo i dati ottenuti nel diagramma di Collier, otteniamo la temperatura di rugiada, ovvero il punto sotto il quale l’ulteriore raffreddamento della parete lapidea provoca la condensazione dell’umidità dell’aria. Infatti nel caso in esame si è misurata con un termometro a contatto la temperatura del muro e del pavimento che è risultata mediamente inferiore del punto di rugiada di circa 2°-4°, confermando quindi la tesi che l’umidità era senz’altro dovuta alla condensa. Cito a titolo di esempio le cinque peculiarità tipiche dell’umidità da condensa, così come le descrive il Massari nel suo libro “Risanamento igienico dei locali umidi”:

1)Ogni anno si ripresenta alla stessa stagione.

2)Coinvolge tutta l’altezza dell’edificio.

3)Bagna in superficie la parete con acqua liquida.

4)Assorbe l’acqua dall’aria per raffreddamento del vapore contenuto.

5)Svanisce all’improvviso con il calore e la ventilazione, riapparendo ciclicamente.

Al fine di evitare possibili errori di interpretazione si è proceduto ad esaminare il contenuto di umidità presente negli intonaci, nel piede delle pareti, onde appurare se si era anche in presenza di umidità da risalita capillare, ma constatato che due dei campioni analizzati a cura delle Professoresse Stafferi e Grassi del Politecnico di Torino, contenevano appena circa il 3 % di umidità, si è scartata questa evenienza, inoltre è stato tenuto in considerazione il fatto che la Basilica di Superga fu edificata probabilmente sulla pietra e quindi si esclude la presenza di falde acquifere, dato che l’omonimo colle fu abbassato di circa 30 metri come risultava chiaramente dalle istruzioni impartite dallo Juvarra alle maestranze impegnate nella costruzione dell’edificio. Ulteriori analisi di campioni d’intonaco prelevati in altri punti delle tombe hanno escluso la presenza di sali igroscopici, cioè di quei sali che in presenza di umidità si solubilizzano, migrano nella muratura o nei paramenti lapidei e successivamente si cristallizzano determinando la rottura dei minuscoli capillari del materiale con gravi ripercussioni sull’integrità di quest’ultimo. L’unico sale solubile che è stato rinvenuto è il solfato di sodio, proveniente da un campione d’intonaco prelevato dalla strombatura di una finestra delle Tombe Reali realizzata in mattoni (derivato dall’argilla del mattone solubilizzata dall’acqua) ma si ritiene che la sua presenza costituisca un fenomeno isolato e trascurabile. Più grave è il deterioramento del collante naturale a base di colle animali organiche che in presenza di umidità si è completamente polverizzato inficiando così la tenuta e la stabilità di cornici, modanature, lesene e zoccoli in marmo e non ultime le stesse lastre di marmo di elevate dimensioni che costituiscono il rivestimento del paramento murario delle Tombe Reali. Soprattutto gli stucchi delle volte hanno sofferto del microclima umido e in alcuni casi si sono completamente sfarinati perdendo i colori originali eseguiti a trompe l’oil ad imitazione delle venature della pietra, e le dorature in foglia nella Cappella delle Regine. Non ultimo appare il problema della corrosione dei metalli dorati a fuoco (come è dato di sapere dal libro dei pagamenti alle maestranze) che risentono nettamente dell’umidità. Infatti l’entità della corrosione nei metalli diviene sensibile quando l’umidità relativa dell’aria supera un certo valore critico che gli studiosi hanno fissato fra il 50 e il 70 %.

POSSIBILI SOLUZIONI

Giudico estremamente importante l’avere stabilito l’esatta provenienza del fenomeno in quanto il possibile trattamento differisce nettamente a seconda che l’umidità sia dovuta alla risalita per capillarità dal terreno oppure al fenomeno di condensazione dell’aria umida sulle pareti. Ritengo opportuno tenere in considerazione i tre fattori riportati sul diagramma allegato rappresentati dalla temperatura dell’aria, dalla temperatura del paramento murario e dalla percentuale di umidità relativa dell’aria all’interno dei locali considerati. Appare chiaro che la possibilità di modificare anche uno solo di questi parametri, direttamente connessi e interrelati fra di loro, porta a modificare globalmente il microclima della cripta incidendo quindi beneficamente nel senso di evitare all’umidità di condensarsi sulle pareti. Possiamo quindi esaminarli singolarmente enunciando anche il possibile trattamento:

A)Modifica della temperatura dell’aria

Benefici: la temperatura dell’aria può essere facilmente innalzata usando un impianto di riscaldamento con resistenze elettriche immerse in tubi contenenti ossido di magnesio o similare e racchiuse in un tubo di acciaio termico. Questo allo scopo di evitare l’incendio dell’ossigeno dell’aria con resistenze elettriche libere. Il riscaldamento dell’ambiente influirebbe certamente anche modificando in positivo la percentuale di umidità relativa dell’aria e la temperatura dei paramenti lapidei scongiurando del tutto il fenomeno delle condense.

Difetti: le resistenze elettriche dovrebbero essere collocate in sito scalzando in parte il pregevole pavimento monumentale a riquadri geometrici. Probabili e senz’altro possibili i guasti all’impianto con relativa difficoltà di accesso per la sua manutenzione. L’innalzamento della temperatura non risulterebbe idoneo alle cripte dato l’uso sepolcrale delle stesse.

B)Modifica della temperatura del paramento lapideo

Benefici: la temperatura del paramento lapideo si può innalzare oltre il punto di rugiada utilizzando un impianto di riscaldamento elettrico come descritto di sopra ma posato a serpentina direttamente al piede delle lastre di marmo che ricoprono i muri, come illustrato dal disegno allegato, ottenendo così “l’effetto parabrezza” già descritto dal Massari. Il sistema riscalderebbe solamente le pareti interessate evitando di incidere negativamente sulla rimanenza dei locali ad uso sepolcrale.

Difetti: gli stessi causati negli interventi enunciati nella modifica della temperatura dell’aria

C)Modifica della percentuale di umidità relativa

Benefici: tramite appositi deumidificatori si può ottenere una benefica riduzione dell’umidità dell’aria con la possibilità di regolarla con un igrostato (30-80%): tale regolazione appare assolutamente indispensabile per evitare il brusco abbassamento della percentuale di umidità che influirebbe negativamente sulla conservazione degli stucchi, marmi e metalli, da circa duecento anni immersi in un tenore di umidità prossimo al 100%.

Difetti: Rumorosità dell’elettroventola di aspirazione e necessità di scaricare regolarmente la bacinella dell’acqua proveniente dall’umidità di condensa. Urgenza di collocare apparecchi visibili all’interno dei locali sia che questi siano installati a serramento o a terra con apposito mobiletto. Necessità di realizzare una bussola d’ingresso in vetro all’ingresso delle Tombe onde effettuare la perfetta tenuta stagna dei locali e permettere così ai deumidificatori di avere la necessaria efficacia.