Torino sotterranea C’è un’altra città nel sottosuolo di Torino

Si potrebbe parlare addirittura di tre città sotterranee: quelle “civili” costituite una dalle ghiacciaie, destinate a conservare al fresco le derrate alimentari e l’atra dalle cantine, dagli infernotti, dai sotterranei di chiese e palazzi; e quella militare. Alcune ghiacciaie sono oggi visitabili. Tutti i castelli e le ville avevano la loro ghiacciaia (visitabile, da Villa Glicini, quella del Castello del Valentino) ed anche le città ne erano provviste.

Aperte al pubblico sono quelle di Porta Palazzo e di piazza Emanuele Filiberto. Nel 1887 venne costruito l’ultimo tratto di via Sant’Agostino e le ghiacciaie più grandi, ormai in pessime condizioni, vennero spostate al fondo di via delle Orfane, con ingresso al civico 32. I depositi delle nuove ghiacciaie si articolano in ampie celle aperte su vasti corridoi rettilinei interrati per quattro piani, sotto i cortili delle case della piazza Emanuele Filiberto ai numeri 10 e 12 e che raggiungono la profondità di m 14,50 dal piano stradale. Qui, nel 1952, si costruirono altri due piani, per aumentarne la capienza. Oggi questo affascinante intrico di corridoi e celle è assolutamente “off limit” ricettacolo di preoccupante malaffare: non provate ad entravi!!!. Interessanti le cripte (di San Filippo, della Consolata…), gli inferenotti (palazzo Saluzzo di Paesana) e di molti altri palazzi più o meno antichi (i Poveri Vecchi di c.si Unione Sovietica, i palazzi di via Po…) Ma oggi vogliamo parlare della città sotterranea “militare”, e in particolare di due strutture ancora esistenti e poco note.

Quando nel 1706 si svolsero l’assedio e la battaglia di Torino, la città era difesa da una cerchia di mura, da una cittadella e da una rete di gallerie che furono determinanti a rendere efficace la difesa. Lo sviluppo urbanistico ha cancellato quasi completamente le fortificazioni ma ha lasciato pressoché intatta la rete delle gallerie; lo sviluppo è stimato in 14 chilometri di cui 9 percorribili.
Il Museo Pietro Micca documenta gli Torino sotterra sotterranea 2 episodi che si svolsero durante l’assedio. Dalle sale del museo si accede alla rete delle gallerie. La visita unisce all’interesse per un’opera di architettura militare unica al mondo, la profonda emozione di rivivere episodi in cui gli orrori della guerra sono stati vissuti da parte dei protagonisti con grande dignità e coraggio. Ma le gallerie di Pietro Micca sono note, mentre molto meno noti sono due strutture volute da Emanuele Filiberto.

Il Pozzo Grande della Cittadella di Torino (Cisternone), costruito fra il 1565 e 1567 su progetto di Francesco Paciotto da Urbino, faceva parte della Cittadella fortificata della città. Era stato realizzato per rendere autonoma idricamente la città in caso di assedio. L’antica ubicazione del pozzo era al centro della Piazza d’Armi della Cittadella.
L’impianto dell’edificio era molto simile a quello del Pozzo di San Patrizio con due rampe elicoidali, una per la discesa e l’altra per la risalita, in modo che il flusso di coloro che accedono al pozzo scendendo, non intralci quello di coloro che risalgono e viceversa.

La struttura era divisa in due parti, una emergente, ad anello con doppio ordine di colonnato, quello inferiore in muratura e quello superiore in marmo.
Il diametro dell’edificio era di 20 metri, mentre il pozzo vero e proprio scendeva fino alla falda acquifera alla profondità di 16 metri.
Le due rampe di salita e discesa erano larghe 1,54 metri, erano illuminate da finestroni che prendevano luce dalla bocca a cielo aperto della parte superiore e coperte da una volta a botte. L’acqua veniva portata in superficie da bestie da soma e cavalli. Dopo poco più di un secolo dalla sua costruzione, esattamente il 20 agosto 1698 alle 3 di notte, un fulmine colpì la polveriera principale della Cittadella facendo esplodere 78.370 kg di polvere nera che distrussero gran parte degli edifici interni della piazza e provocando ingenti danni nella città e nei paesi attigui.

Anche il Mastio della Cittadella, che fu quasi l’unica cosa rimasta in piedi dopo l’esplosione, fu completamente scoperchiato dallo spostamento d’aria. In questa terribile esplosione che scosse l’intera città le vittime furono 100 e i feriti 200. Successivamente tutti gli edifici distrutti o danneggiati furono ricostruiti tranne l’anello superiore del Cisternone che non venne ricostruito anche per via della eccessiva visibilità dal di fuori della Cittadella, che in caso di attacco sarebbe stata sicuramente un ottimo bersaglio per i cannoni nemici. Assiduamente utilizzato nell’assedio del 1706, verso la fine dell’XVIII secolo cadde in rovina.

Quando nel 1799 la Cittadella era sotto controllo dei francesi repubblicani e assediata dalle truppe austro-russe, il pozzo venne molto probabilmente colpito e pesantemente danneggiato durante le 29 ore di cannoneggiamenti provenienti dalle campagne circostanti. Alla riconquista della Cittadella da parte delle truppe austrorusse (1800), il pozzo venne utilizzato come enorme fossa comune per seppellire i cadaveri dei francesi vittime del bombardamento e colmata di detriti e terra e sigillata con calce. Nel 1856/1857 si diede il via alla lottizzazione dell’area dell’antica Cisterna e nel 1898 durante l’edificazione della scuola elementare Ricardi di Netro in Via Valfrè vennero alla luce i muri perimetrali dell’antica struttura.
Dopo altri, quasi 100 anni di oblio e con un edificio scolastico sulla sommità, nel 1995, iniziarono gli studi per il ripristino parziale della struttura e la sua musealizzazione. Il museo doveva essere pronto all’apertura nel 2006, per il trecentenario 3 dell’Assedio di Torino del 1706, ma a causa di tagli di fondi e vari ritardi, il recupero è ancora da completare.

La associazione che si occupa dello studio e del recupero di questa struttura è la stessa che si occupa del Museo Pietro Micca. Ancora meno noto è Il Forte Pastiss, una casamatta posta a protezione ravvicinata del bastione San Lazzaro della Cittadella di Torino, uno dei tre bastioni rivolti verso la campagna.
Costruita tra il 1572 e il 1574 avrebbe dovuto far parte di un più ampio progetto di opere di fortificazione che però non furono portate a termine. Esso consisteva in una “casamatta di controscarpa”, cioè una fortificazione posta all’esterno del fossato dalla quale si potessero colpire alle spalle i nemici che si fossero calati nel fossato stesso. Inoltre il forte era dotato di un sistema di contromina che serviva a bloccare l’avanzamento delle “gallerie di mina” del nemico nel sottosuolo.
Il Pastiss fu parzialmente distrutto dalla costruzione di edifici eretti tra l’Ottocento ed il Novecento. Del forte, descritto da documenti storici, non si sapeva più nulla fino a quando è stato riscoperto nel 1958 dal colonnello Amoretti e da un giovane speleologo, Cesare Volante.

Gli scavi tuttora in corso sono difficilissimi perché la costruzione degli edifici sovrastanti ha determinato il riempimento dei vani mentre le fondazioni degli stessi ostacolano le ricerche. A oggi sono stati comunque asportati più di mille metri cubi di terra ed il lavoro prosegue con l’obiettivo di rendere l’intera struttura percorribile per i visitatori del Museo Pietro Micca.
Nell’ambito dell’Associazione Amici del Museo Pietro Micca, il gruppo Ricerche e rilievi archeologici si dedica all’esplorazione ed al ripristino del complesso delle antiche fortificazioni Torinesi. La valorizzazione del forte detto il “Pastiss” è ormai da anni il principale impegno del gruppo