La Santa di Moncalieri

dalla relazione di Francesco Gianazzo di Pamparato in occasione del Convegno organizzato dalla Famija Moncaliereisa per i 95 anni della morte di Maria Clotilde di Savoia, Moncalieri, 3 dicembre 2006.

Saluto le autorità comunali nella persona del Sindaco, il padrone di casa Domenico Giacotto, presidente della Famija Momcaliereisa, ma consentitemi soprattutti e soprattutto di porgere il mio reverente saluto a S.A.R. la principessa Maria Gabriella di Savoia che ancora una volta ha accettato di presenziare ad una cerimonia che coinvolge il Piemonte, il Piemonte Sabaudo. Quando ricevetti l’invito dall’amico Fabrizio Antonielli d’Oulx, presidente dell’Associazione “Vivant”, a raccontare la storia della Principessa Maria Clotilde di Savoia, rimasi un po’ perplesso. In effetti, si trattava di parlare di un personaggio molto noto ma poco conosciuto nella sua vita densa di avvenimenti straordinari anche a me stesso e questo, devo confessare, malgrado sia stato discepolo di padre Agostino Argenta, barnabita, professore di italiano ed autore di un bellissimo libro “Maria Clotilde – la Santa di Moncalieri”.

E’ ovvio che mi senta imbarazzato a raccontare il susseguirsi di grandi eventi nei 15 o 20 minuti concessimi. Cercherò quindi di tracciare delle pennellate che portino a scoprire e a comprendere la santità di questo personaggio che, quanto operò dall’infanzia alla morte, lo fece nel nome di Dio. Voglio innanzitutto inquadrare il momento storico attraverso alcune date, non in senso scolastico ma con lo scopo di orientarsi nell’epoca in cui Ella visse.

Nasce a Torino il 2 marzo 1843, figlia primogenita del futuro Re d’Italia, Vittorio Emanuele II e della principessa Maria Adelaide d’Austria; morirà nel Castello di Moncalieri, il 25 giugno 1911. Accetta di sposare, all’età di 15 anni, per ragioni di stato, ragioni che qualche storico non condivide pur non portando prove contrarie, il principe Girolamo Bonaparte, cugino di Napoleone III, di 20 anni più vecchio di Lei – il 30 gennaio 1859, nel Duomo di Torino.
Il principe Girolamo morirà a Roma il 17 marzo 1891 (nato a Trieste il 9 settembre 1822). Premesso ciò desidero innanzitutto sottolineare che fin dalla più tenera età la Principessa dimostrò una profonda devozione a Dio e alla Chiesa e uno stretto legame con le Suore del Carmelo. Dodicenne ottenne dal Padre l’impegno a riscattare il Monastero di Moncalieri espropriato in base alle leggi Rattizzi (1845- 1855), di profondo sapore massonico.
Rimasta orfana della madre all’età di 12 anni fu al fianco del Re in cerimonie ufficiali e si dedicò con abnegazione alla cura Per apprezzare l’arte contemporanea 2 dei fratelli più piccoli. Scriveva don Bosco…”la serva di Dio, principessa Maria Clotilde ebbe una venerazione particolare per le Carmelitane Scalze di Moncalieri”. Figlia prediletta di Vittorio Emanuele II, venne a trovarsi coinvolta in affari politici destinati a stravolgere la sua vita ma non certo la sua anima e i suoi sentimenti. A margine degli incontri di Plombières fu presentata a Cavour, dal principe Girolamo Bonaparte, la domanda di matrimonio. Lo scontro, uno dei tanti tra Vittorio Emanuele e Cavour, fu inevitabile e la risposta del Re fu secca e determinata: “Non farò nulla per influenzare la decisione di mia figlia. Darò 30 giorni di tempo per riferire”.
E così fece.
La principessa Maria Clotilde si rivolse per un aiuto e consiglio al suo confessore abate Gazzelli, che tanta parte ebbe nell’ambito familiare e nell’opera di riavvicinamento tra Pio IX e Vittorio Emanuele II.

Apro qui una breve parentesi; avrebbe dovuto essere con noi questa sera, l’ultimo discendente della famiglia Gazzelli, ma qualche acciacco glie lo ha impedito. Tra tante cose più importanti da raccontare, ricordo questo significativo aneddoto, contenuto in un interessante libro sulla Sua vita. Non facci prudentemente nomi perché forse qualcuno potrebbe dispiacersi: un ricco signore torinese, si era invaghito, ricambiato, di una nobile fanciulla la cui famiglia era molto introdotta a Corte e pertanto era necessario l’assenso regio alle nozze. Questo non arrivò e l’abate Gazzelli decise di intervenire di persona nella speranza di convincere il Re a cambiare parere; di fronte all’intransigenza l’Abate suggerì: “Ca lo fase cont, Maestà” – e vissero felici e contenti e la discendenza continua… Intanto la meditazione profonda e sofferta portò Maria Clotilde, dopo 10 giorni, alla decisione di accettare nel nome di Dio l’imprevista richiesta di matrimonio: “e se il Signore volesse servirsi di me per fare del bene a quella gente, perché dovrei dire di no?”.

Ricevuta la notizia, il principe Gerolamo chiese ufficialmente la mano della sposa e dopo 15 giorni la grande cerimonia fu celebrata nel Duomo di Torino. Era il 30 gennaio 1859. Alla Corte di Parigi, sopporta incomprensioni di ogni genere tanto da scrivere all’abate Gazzelli a Torino : “Non so se ci sia al mondo un’altra posizione più complicata della mia. Solo con la riflessione, l’abnegazione e la preghiera posso andare avanti”.
Segue il marito in lunghi viaggi: Stati Uniti, Egitto, Terra Santa, poi finalmente la nascita dei suoi tre figli tra il 1862 e il 1866. Riesce ad ottenere il permesso di trasformare una sala di palazzo Bonaparte a Parigi in cappella e così ogni mattina può recarsi ad ascoltare la Santa Messa e a pregare. La Corte, a poco a poco, impara a conoscerla e finalmente riceve, dopo tante umiliazioni e derisioni, complimenti e ammirazione. Gorge Sand: “…è l’immagine del candore. Il suo stile mi ha conquistato” e Renan, ateo, conferma “…Clotilde è una santa della razza di San Luigi”.
L’invasione prussiana a la sconfitta di Sedan del 1870 ci aiuta a scoprire un’altra sfaccettatura del carattere di Maria Clotilde. Invitata a partire immediatamente dal Generale comandante la piazza di Parigi, risponde: “Devo ancora visitare gli ammalati in ospedale ed ascoltare la santa Messa; partirò domattina”. Se ne andò l’indomani con la sua carrozza, tra due ali di folla; invitata ad alzare i vetri per non farsi riconoscere, disse di non avere niente da nascondere e “…ricordatevi che Savoia e paura non si sono mai incontrati”. Arrivata al Monte Cenisio, ultima fermata in terra di Francia, i ferrovieri, prima di partire, vollero salutarla e ringraziarla: forse è stata l’unica volta che si vide la Principessa piangere di commozione.

Interessante raccontare quanto successe pochi giorni prima dell’invasione prussiana: il re Vittorio Emanuele fece pervenire una lettera alla sua figliola per convincerla a lasciare Parigi in caso di estremo pericolo. La risposta fu immediata e preci- 3 sa”…non ho la minima paura, non capisco nemmeno che io possa avere paura, di chi? E perché? Quando mi sono maritata, quantunque giovane, sapevo cosa facevo e se l’ho fatto è perché capivo cosa facevo…la Kekina (così Vittorio Emanuele chiamava la sua figliola prediletta), è diventata grande, caro Papà, la ragione, l’esperienza tutto è cresciuto ed eccone i risultati…”. Questo episodio è così raccontato dal Primo Ministro del Re: “Nel Consiglio dei Ministri del 28 agosto 1870, Vittorio Emanuele II era severo e taciturno; mi accostai a Lui e lessi con commozione la lettera che mi porgeva. A voce alta dissi: Maestà sono un povero diavolo ma le offro 1000 lire se mi vuole concedere questa lettera…-gliela darò quando saremo a Roma – rispose il Re”. Al di là dell’audace proposta, colpisce pure l’entità dell’offerta – 1000 lire del 1870 – tanto più se si considera che arrivava dal Primo Ministro: Quintino Sella, biellese!! “La lettera fu poi portata a Biella 10 anni dopo da Re Umberto I allorché fu nostro ospite con Maria Clotilde”.
Non risulta che le 1000 lire siano mai state date…
La Principessa, lasciata Parigi si ritirò nel 1870 a Prangins, sul lago di Ginevra, non lontano da Nyon, nella villa (La Bergerie) fatta costruire a suo tempo dal marito, che a sua volta abitava in un’altra casa, non troppo distante (ma nemmeno troppo vicino) per poter ricevere, a suo agio, amici e conoscenti. Questo periodo fu certamente fra i più penosi e dolorosi: lasciata dal marito, i figli in collegio a Parigi, la chiesa a Nyon, distante qualche chilometro.
Conobbe qui, casualmente, padre Giacinto Cormier e da questo incontro si consolidò la decisone di entrare nel III Ordine Domenicano con il nome di suor Caterina del Sacro Cuore. Si arrivò fatalmente ad una separazione amichevole dal marito, pur mantenendo buoni rapporti tanto da accorrere a Roma nel marzo 1891 per assisterlo negli ultimi giorni di vita. Oltre il profondo dolore, la Principessa ebbe la grande gioia di vedere morire cristianamente il marito con tutti i conforto della fede da lui richiesti; fu sepolto a Superga.

Il Castello di Moncalieri rimase perciò l’abitazione definitiva della Principessa fino alla sua morte avvenuta il 25 giugno 1911. Visse come una suora nel mondo, fece i tradizionali voti e si dedicò completamente ai bambini, agli ammalati, ai derelitti, sempre pronta ad ogni iniziativa benefica. Per tutto questo lungo periodo fu assistita e curata dalla figlia Maria Letizia e dalla dama di compagnia contessa Irene Galleani d’Agliano fedele amica fino alla morte e al cui fratello Giuseppe, la principessa Maria Letizia scrisse una toccante lettera, trovata in archivio privato di cui riporto questo brevissimo stralcio: “Lei, caro Giuseppe, sa tutto il mio affetto per Irene e tutta la mia desolazione alla sua memoria”.

E’ doveroso constatare e ricordare che Maria Clotilde di Savoia mai tradì il suo programma di vita spirituale, che mi piace qui ripetere “Amare Dio, amare il prossimo, morire a me stessa in una vita semplice ed ordinaria.”. Credo di aver raccontato cose forse già note agli studiosi ma certamente poco conosciute alla gente comune e descritto la vita eccezionale di una Principessa di casa Savoia che abbondantemente merita la ripresa e la chiusura del processo di beatificazione iniziato nel lontano 1940 – approssimandosi, oltretutto, il centenario della Sua morte.
Mi pare giusto che questo splendido personaggio possa affiancarsi ai numerosi beatificati di casa Savoia tra cui ricordo Margherita, monaca cistercense nel secolo XII; la beata Lodovica, monaca clarissa, morta nel 1503; la beata Camilla del XVI secolo; la venerabile Caterina, terziaria francescana, ecc…ecc…. Concludo formulando la proposta di predisporre una iniziativa laica da inoltrare direttamente a chi di dovere che possa dare a casa Savoia e alla città di Moncalieri quanto spetta e nei tempi più brevi consentiti.