IL VILLAGGIO LEUMANN – Imprenditori illuminati nella Torino Liberty

IL VILLAGGIO LEUMANN – Imprenditori illuminati nella Torino Liberty

Imboccando corso Francia, viale ampio e alberato, corrispondente all’antico tracciato della strada reale di Rivoli, all’altezza di Collegno, si coglie un colpo d’occhi singolare: un complesso di villini ordinati, che un cartello stradale ricorda come Villaggio Leumann. Si tratta di un complesso edilizio in chiaro stile Liberty, realizzato tra il 1892 e il 1914 dall’architetto piemontese Pietro Fenoglio su precisa indicazione di un illuminato imprenditore svizzero: Carla Giovanni Napoleone Leumann. Tra i numerosi villaggi operai sorti in Italia nella seconda metà del secolo scorso, Leumann rappresenta, con Rossi di Schio (VI) e Crespi di Capriate d’Adda (BG), uno dei maggiori esempi di questo fenomeno tipicamente ottocentesco.

Lo sviluppo industriale e il conseguente passaggio dall’industria rurale a domicilio alla concentrazione produttiva in fabbriche portò con sé un grave problema da risolvere: la sistemazione logistica delle maestranze. Là dove né lo Stato né i privati si erano fatti carico di tale problema, poiché alla popolazione preesistente nelle città andava ad aggiungersi in modo massiccio la mano d’opera inurbana, le condizioni di vita delle classi più povere diventavano drammatiche. Vennero alla ribalta problemi che in un certo senso si potrebbero definire attuali: quartieri sovrapopolati, inquinamento, insufficienza dei sevizi, decadenza fisica e morale dei cittadini, epidemie. Di igiene urbana e abitazioni salubri si erano fatti interpreti riformatori sociali, sociologi, romanzieri e “ingegneri igienisti”, questi ultimi elaborando un modello di abitazione diverso da quello comunemente usato, in antitesi con le costruzioni a “caserma” tipiche dei sobborghi delle grandi città. Veri e propri trattati si scrissero sull’argomento. All’Esposizione Internazionale di Londra del 1851 compariva un settore destinato alle case operaie e alle diverse composizioni architettoniche: dai casermoni ai “pavillon”, dai familistère” ai villini mono-bifamigliari. In questo contesto si riconosceva come il problema delle case non potesse essere affidato unicamente a movimenti filantropici. Venivano viste con maggior favore invece iniziative private dovute ai cosiddetti “imprenditori paternalisti” appoggiate dall’intervento pubblico. In questo contesto si inserirà il progetto di Napoleone Leumann.

LA FAMIGLIA LEUMANN

La famiglia Leumann è originaria di Kümmertshausen, un piccolo paese della Turgovia, cantone della Svizzera, affaciantesi sul lago di Costanza. L’ambiente democratico e liberale favoriva lo sviluppo di mentalità aperte al progresso e alle tematiche sociali, quello stesso ambiente che influenzerà la prima educazione del futuro Napoleone III, qui esiliato; colui che in Francia avrebbe avuto un ruolo determinante nell’avvio di una politica sociale e in particolare nella costruzione di nuove case per gli operai. Dalla Svizzera il tessitore Isacco Leumann passa il confine a Chiasso stabilendosi nel 1831, a soli 24 anni, a Voghera, dove lavora come capo tessitore presso i fratelli Tettamanzi. Il matrimonio con Elisabetta Knechtlin, celebrato in Turgovia, gli darà quattro figli. Giuditta, Carlo Giovanni Napoleone, Carlo Silvestro e Luigi Fortunato. Lasciata Lomello dove il 1 marzo 1841 nasceva appunto Napoleone, Isacco torna a Voghera rilevando la tessitura con 105 operai e si avvia a diventare il capostipite di una dinastia di capitani d’industria. Egli non si limita a gestire l’azienda, ma intraprende contatti con il mondo economico locale per garantire maggiori prospettive all’impresa. Nel 1861 partecipa all’Esposizione italiana di Firenze  grazie alla quale lega con illustri proprietari di filature torinesi quali i Mazzonis e i Peyrot. Nel 1869 Napoleone sposa Amalia Cerutti, figlia del direttore e poi presidente della Cassa di Risparmio di Voghera che gli permette di ottenere crediti agevolati. Voghera era a quel tempo una cittadina prevalentemente agricola e certamente inadatta ad accogliere un’impresa in espansione come quella di Isacco. Mancava infatti la forza motrice idraulica, la ferrovia era assente, il che rendeva meno remunerativo l’investimento di qualsivoglia capitale. A questo si univa il totale disinteresse degli amministratori pubblici per l’impresa privata oltre alla miopia delle istituzioni che neppure contrastarono la causa legale che i vicini di casa del Leumann fecero per il troppo rumore provocato dall’opificio. Tutti questi fattori contribuirono a far nascere l’ipotesi di trasferire altrove l’attività produttiva. Non passarono inosservati gli inviti che il Comune di Torino rivolgeva nel 1864 agli imprenditori italiani e stranieri affinchè, impiantando le loro attività sul territorio cittadino con agevolazioni commerciali, ridessero nuovo vigore all’economia torinese, tanto vessata dallo spostamento della capitale da Torino a Firenze. Nel 1875 Leumann risponde all’appello scegliendo un appezzamento di terra nella zona di Collegno, all’incrocio fra le bealere di Orbassano e Grugliasco. La scelta viene supportata dal fatto che nel 1871 viene inaugurata la Torino-Rivoli e la Torino-Modane. A pochi chilometri era Genova, utile allo svizzero per poter esportare merci in Oriente e in America. Su una vasta superficie Isacco inizia nel 1875 la costruzione dello stabilimento e di alcune strutture annesse quali l’ambulatorio, il lavatoio, il refettorio e l’asilo infantile, ma sarà il suo primogenito Napoleone a ideare, dopo la morte del padre nel 1887, il progetto complessivo del villaggio e delle sue istituzioni.

CARLO GIOVANNI NAPOLEONE    

Guardando alle vicende di Napoleone non sarebbe possibile scindere l’attività imprenditoriale, le vicende famigliari e l’impegno sociale dell’illustre personaggio. D’altra parte difficile sarebbe pensare alla costruzione del Villaggio come opera funzionale agli interessi della produzione, senza pensare anche a una precisa volontà di interessarsi alle condizioni dei propri operai. Del resto la propensione filantropica era presente già nel padre con il lascito testamentario di £ 10.000 “per la classe povera del paese”. Le misure protezionistiche attuate dal governo tra il 1878 e il 1887 portarono nel nostro paese un incremento delle attività commerciali e produttive. Il panno Leumann, grazie alla sua buona qualità, riesce a guadagnarsi fasce di mercato a tal punto che nel 1900 all’Esposizione Internazionale di Parigi ottiene il massimo del riconoscimento: il Grad Prix e Napoleone viene premiato personalmente con una decorazione alla Legione d’Onore in quanto miglior produttore europeo di stoffe. Lo stesso riconoscimento arriverà quattro anni dopo a St. Louis e nel 1910 l’onorevole Giovanni Giolitti, in visita al Villaggio, premierà l’imprenditore per il suo spirito filantropico.

Con l’attività in continua espansione e una situazione finanziaria solida, Napoleone diversifica gli investimenti. Entra nella società tedesca Krieger di automobili elettriche e ne diventa presidente. Impiega capitali nella Cartiera Italiana, diventando vicepresidente. Possiede azioni della Società automobili Martini, delle Distillerie Italiane, della Raffineria Ligure-lombarda, del Loyd sabaudo, della Banca Commerciale, per dirne solo alcune. Nel 1902 finanzia ai sui due figli maschi, Ermanno e Felice la costruzione della Manifattura di Mathi Canavese, diventata poi Cotonificio Piemontese. Nel 1906 fonda il Cotonificio Lucento, che diventa Manifattura di Pont.

Arduo però sarebbe interpretare l’attività imprenditoriale e finanziaria di Napoleone senza tenere presente la famiglia come suo punto di riferimento. Dal matrimonio con Amalia Cerutti Napoleone ha cinque figli: Ermanno che sposa Teresa Mazzonis, figlia di Ettore, noto industriale torinese del ramo tessile, Felice (mio bisnonno!!) che sposa Cécile von Martini, figlia di un ricco industriale tedesco di automobili e in seconde nozze Sandra Piumati, Lydia che sposa Ernesto Rossi (poi di Montelera), contitolare con i fratelli della ditta di liquori Martini e Rossi di Pessione Torinese, Olga che sposa Giacomo Medici del Vascello e Wera, morta prematuramente.

Ma ciò che distinguerà Napoleone dagli altri imprenditori del tempo è certamente la sua filantropia che ne farà una figura di spicco nel modo torinese. Per tracciare il suo profilo, facciamo nostre le parole apparse su un quotidiano dell’epoca all’indomani della sua morte avvenuta l’11 luglio 1930. “Fu si può dire precursore e realizzatore di una politica sociale modernissima, quando il collaborazionismo delle classi era un mito. Ebbe nella sua vita un solo culto: quello del lavoro associato alla beneficenza. E del saggio proposito di migliorare il tenore di vita dei suoi dipendenti fece lo scopo essenziale della sua laboriosa esistenza. Due erano gli ideali a cui indirizzò in particolar modo la sua opera: il benessere fisico e morale dei suoi dipendenti e l’educazione e l’istruzione dei loro figli. Per ottenere il primo era necessario pensare a migliorare le condizioni igieniche…”. Ecco dunque che sorse, su una superficie di 60.000 mq con planimetria a forma triangolare: la Borgata Leumann. Questa “città sociale”, così la possiamo definire, trova spazio attorno al già esistente opificio raggiungibile da un caratteristico ingresso a torrette di chiaro stile Liberty, oggi mirabilmente restaurato. Ai lati, l’architetto Pietro Fenoglio edificò due comprensori, ognuno dei quali costituiti da un asse stradale di penetrazione perpendicolare a c.so Francia, terminante in altrettante piazzette. Trasversalmente un dedalo di stradine mostra al visitatore i 42 villini e gli edifici destinati ai servizi. Le casette, che nell’ottica dell’imprenditore dovevano rappresentare una sorta di anello di congiunzione tra città e campagna, società tradizionale e industriale, sono ancora oggi provviste di un orto che permetteva all’operaio di conservare abitudini e consuetudini tipiche del mondo contadino. Sei sono le diverse tipologie degli edifici del Villaggio, alcuni con mattoni a vista, altri con intonaco liscio o spruzzato, altri ancora a finitura mista, senza con questo interrompere il carattere omogeneo del complesso, realizzato mediante l’assemblaggio di moduli elementari, fantasiosamente combinati tra loro. Lo stile Art Nouveau è riconoscibile nelle formelle in ceramica che coronano le finestre, nei ferri battuti usati come elemento decorativo sulle porte e nelle ornamentazioni pittoriche. Esempio sommo di questa realizzazione è la Chiesa di S. Elisabetta (1907), nel comprensorio ovest, ultimo progetto dell’attività dell’illustre architetto piemontese Fenoglio. (Il rapporto tra Fenoglio e Leumann va al di là del semplice rapporto progettista-committente investendo il campo degli affari e delle relazioni sociali. Con Napoleone è nel consiglio direttivo del Cotonificio Piemontese, nonché sindaco della Manifattura di Pont. Partecipa in qualità di consigliere alle attività dell’Ospizio Marino Piemontese e dell’Istituto per Ciechi). Tra le strutture del villaggio colpiscono maggiormente gli edifici scolastici, quali l’asilo, la scuola elementare, la scuola serale e perfino la “scuola della massaia”. Tale era l’organizzazione educativa della Borgata che nel 1906 in occasione dell’inaugurazione della scuola, l’allora ministro dell’istruzione Paolo Boselli consegnò due medaglie d’oro di benemerenza all’imprenditore e alla moglie. Numerose furono le altre istituzioni fondate attorno al cotonificio, tutte finanziate dallo svizzero: ambulatorio, bagni pubblici, refettorio, lavatoio pubblico, convitto, biblioteca, palestra, “stazionetta”, ufficio postale, teatro e persino un cinematografo. Sempre a lui si deve la costruzione dell’acquedotto comunale di Collegno. A titolo di riconoscenza, l’allora sindaco Audifredi, fece erigere in suo onore una fontana nella piazza del Municipio, tuttora visibile.

A completare quest’opera educativa Napoleone diede vita a un grandioso complesso di iniziative assistenziali e di carattere sociale, molte delle quali trovarono la loro consacrazione, come già accennato precedentemente, nelle leggi e negli statuti dello Stato corporativo. Non solo nella Borgata che ancora oggi porta il suo nome il benemerito industriale dedicò la sua benefica attività, ma in tutta la provincia. Nel 1899 lo troviamo nel comitato direttivo dell’Istituto Medico Pedagogico per fanciulli ritardati. Nel 1902 partecipa alla fondazione della Società Torinese per le Abitazioni Popolari. Nel 1903 accetta la nomina a membro del comitato esecutivo del Patronato scolastico, occupandosi della distribuzione di capi di vestiario e materiale scolastico vario. Nel 1904 è direttore di nomina governativa del Regio Ospizio di Carità, che ospita più di 1500 tra anziani e giovani bisognosi. Tra il 1910 e il 1930 è presidente della Casa Benefica per giovani derelitti, eretta a ente morale con il preciso intento di fornire ricovero a ragazzi e ragazze abbandonate e incapaci a provvedere a se stessi. Ma l’opera più importante e significativa a cui partecipa Napoleone è senza dubbio la Casa del Sole (Colonia Profilattica di Rivoli). Egli ne è ideatore e l’intero progetto viene realizzato a suo carico. Si tratta di un edificio provvisto di cucine, refettorio, bagni e sala studio, nato per arginare il dilagare della tubercolosi. Nel 1928 i medici igienisti di 17 paesi stranieri, invitati dalla società delle nazioni a visitare la colonia, la segnalarono come modello di riferimento per la pratica della profilassi. Sempre a suo carico istituisce una Colonia marina a Loano per garantire una permanenza salubre ai malati e agli indigenti di Rivoli.

Dove non arrivò Napoleone per i troppi impegni arriverà sua moglie Amalia con la figlia Lydia. Sono ispettrici dell’Ospedale Regina Margherita, dell’Opera Pia Lottieri, dell’Istituto per Rachitici Maria Adelaide, dell’Ospedale San Giovanni. Lydia è anche patronessa della Società Asili per Lattanti, consigliere della Colonia alpina per i bambini poveri e della Croce Rossa.

Numerosi furono comunque i rapporti che Napoleone ebbe con le Istituzioni. Ma non solo. Sappiamo infatti che mantenne economicamente il figlio di un vecchio conoscente di Voghera poiché i rapporti con quel luogo invero non si chiusero mai, anzi rivissero nuovamente quando Elena Leumann, figlia di Felice (che condurrà l’azienda dopo la morta del padre), sposerà nel 1929 Antonio di san Pietro Rati Opizzoni, l’ultimo maschio di una delle più agiate e ragguardevoli famiglie iriensi. L’anno successivo a quel matrimonio Napoleone si spense nella sua abitazione di c.so Vittorio Emanuele II, 105. Era l’11 luglio 1930.

La notizia della sua morte provocò un profondo senso di dolore tanto più che pochi giorni prima si era recato in visita allo stabilimento, intrattenendosi con alcuni dei quasi 2000 dipendenti. La stampa cittadina gli dedicò ampi spazi ricordandolo come “illustre cittadino di razza italica”. Con la sua morte si spegneva un grande industriale dagli spiccati tratti “socialisti”, rimasto svizzero di cittadinanza e orgoglioso di essere stato un ospite in terra italiana. All’invito Reale a prendere la cittadinanza italiana, convertirsi alla religione cattolica, lui che era protestante, ottenere il titolo nobiliare e la nomina a senatore a vita, egli ringraziando rifiutò.

Scompariva una figura di grande umanità, ma questo spirito che così tanto segnò la sua vita fu sempre presente nei figli e nei nipoti. Ancora oggi, sebbene con alterne vicende, continuano con passione dedizione l’attività tessile e i rapporti con l’intero villaggio.

Nella speranza che la memoria del “lavoro” non sia legata solo al processo tecnico né racchiusa nei grandi edifici industriali, ricordiamo alcune strofe della poesia “Borgata Leumann” che Giovanni Arpino, vissuto al villaggio negli anni ’50 dopo il suo matrimonio, scrisse nel 1958: “…Laggiù oltre il cavalcavia, era Torino\con i richiami delle sirene.\ “Le sei”, mi sospiravi, torpida, e anche nelle stanze vicine\ rimestavano acuti dialetti stranieri.\ Fuori era il vento della borgata Leumann\ nella bottiglia vuota si allungava\il riverbero della candela.\ Veloci andavano gli aghi dei telai\ nel panno chilometrico, splendevano\i grandi vetri dei reparti notturni…\Qui ti avevo portato a cominciare, \a ricompensa dell’amore giuratomi…\Qui, insieme, noi che credevamo\ d’essere toccati, soli, da una fortuna d’amore,\si cominciò a scambiare con il mondo\ una parola, un po’ di sale, un saluto.\ Il sarto ci disse dei suoi paesi, noi dicemmo di noi, e fu il principio.

Dal 1972 il Villaggio Leumann è sotto il vincolo del Ministero dei Beni Culturali. Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Collegno e note istituzioni torinesi hanno contribuito e contrubuiscono a restaurare parte del complesso edilizio.

2 maggio 2002                                                                                                           Carla Gütermann