Il progetto Guido di Montezemolo

Gli scopi
Non sono molti i pittori di altissimo livello ancora poco noti sia a livello locale ed italiano, sia a livello internazionale. Tra questi è doveroso ricordare Guido Cordero di Montezemolo, di antica famiglia monregalese, le cui dimensioni artistiche si impongono immediatamente attraverso un’arte che sa spaziare dai paesaggi alla ritrattistica sino ad affrontare i temi sociali.
Il progetto “Guido di Montezemolo” si prefigge dunque di far conoscere il Pittore non solo a livello locale, sulla traccia della mostra organizzata da questa Associazione nell’ottobre del 1998, ma anche di affermarne l’arte a livello internazionale, con un’importante esposizione a Lugano.
Nella visione dell’Associazione l’arte non deve però essere fine a se stessa e l’Italia deve ancora una volta testimoniare le sue bellezze artistiche per invogliare gli stranieri a meglio conoscerne l’antica terra: è per questo che il progetto prevede una serie di coinvolgimenti turistici tali da favorire uno scambio tra il Piemonte e la Svizzera.

 

 

Il Pittore
Guido di Montezemolo (1878-1941) tra innovazione e tradizione
(da un articolo di Giorgio Lombardi e Maria Luisa Reviglio della Veneria apparso sul bollettino “Studi monregalesi” 1998/2)

Nel 1994 usciva nelle edizioni di Umberto Allemandi un’importante monografia di Alfonso Panzetta, dal titolo Guido di Montezemolo (1878-194 1) con una pregevole prefazione di Giuseppe Luigi Marini’.
Questa pubblicazione rappresentava, dopo lo studio di Emilio Bissoni risalente al 1928 e pubblicato in Subalpina,che si potrebbe dire, ora, “l’antenata” di Cuneo Provincia Granda, un impegnativo contributo alla conoscenza di uno dei più validi e meno conosciuti (dal largo pubblico e dalla critica corrente) artisti legati per tradizione e stile di vita alla Provincia di Cuneo.
E’ un destino singolare quello di Guido di Montezemolo, che consiste nel rimanere al di fuori dei clichés consacrati dalla critica: quasi fosse circondato in vita e post-mortem da una sorta di diaframma ideale che non allontana certamente l’interesse per lui e la sua opera, ma non lo avvicina.
Così dei libro non si è parlato molto: una presentazione alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, ove per l’occasione erano esposti alcuni quadri e poi nulla.
Stessa sorte per lo studio, già citato, di Emilio Bissoni, comparso vivente l’artista. Forse anche per la natura élitaria della rivista, sia sul piano delle copie stampate, sia per il tipo di pubblico cui era diretta, l’articolo rimase circoscritto ad una testimonianza di ‘considerazione’ tale, però, da non perforare quell’involucro fatto di apprezzamento formale all’esterno e di consapevolezza nell’ambito familiare che ha caratterizzato la vita di Guido di Montezemolo Tra provincia e famiglia: questo il destino di un grande artista del quale non si seppe comprendere la lezione, a modo suo innovatrice.
In vita, dunque, Guido di Montezemolo ebbe riconoscimenti, successo come testimoniano i premi ottenuti, ma fu sempre fuori : fuori dal clangori, dai circoli ristretti, dalle dispute di scuola e, diciamolo pure, dalla moda. Da quella moda che si polarizzava nel mondo artistico torinese a cavallo del secolo tra tradizione e innovazione, a volte anche in termini aspri di rottura e di confronto.
In questa divisione si coglie la ragione principale di quella sorta di eclisse che accompagna fino ad ora la sua opera: un minore dunque? Un epigono di Tavernier, di Grosso’ e degli altri grandi maestri figurativi dell’Ottocento torinese?
Forse questo è il modello secondo il quale fu percepita la sua opera. Ma è corretto? Mi sembra che sia non solo lecito, ma doveroso dubitarne.
All’origine di questa impostazione critica vi è l’articolo di Bissoni: lavoro per tanti aspetti meritorio, ma forse tale da non cogliere, o non voler cogliere, appieno ciò che avrebbe potuto significare (e, secondo me significava) Guido di Montezemolo.
Sembra di scorgere nell’approccio di Bissoni un qualcosa d’irrisolto, un girare intorno ai temi e ai problemi che si agitavano allora, rimanendo sulla soglia della personalità dell’artista.
Pensiamo all’epoca: è un’epoca di contrasti e di rotture, di fervori e di tensioni che portano al superamento di linguaggi espressivi artistici considerati ormai usurati.
Da un lato la pittura tradizionale rappresentata dai maestri dell’Accademia: a loro la notorietà a Torino e negli ambienti ufficiali, le lucrose commissioni, i premi e i riconoscimenti anche a livello mondano, tipici della società elegante dei tempo, quasi un proseguire dei pieno della belle époque: non c’è momento dì maggior luce per le stelle, se non quando stanno spegnendosi.
Dall’altro la nuova lezione che le avanguardie propongono con clamore, talvolta chiasso come il Dadaismo, il Futurismo, che fanno rimbalzare su Torino una mentalità ed una moda a cui si adeguavano, spesso con originalità i mílieux, che forse per intrinseca debolezza culturale non potevano pensare di rimanere indietro. Su tutti la lezione di Picasso che proponeva con forza la “rottura della forma” come allargamento del “campo espressivo”.

E allora, quale poteva essere la posizione di Guido di Montezemolo? Certo non con la tradizione sicura delle sue
consapevolezze esteriori, ma neanche con le avanguardie in una posizione di rottura. Chi sta al mezzo della disputa corre sempre un rischio: quello di essere troppo per qualcuno e troppo poco per altri. In questo limbo fiorisce il sigillo della coerenza: la solitudine.
La sua lezione fu, dunque, legata alla poesia del reale ed alla sperimentazione sul campo degli strumenti della pittura: la luce, il colore, la forma, per conoscerne fino al fondo le possibilità espressive. Coerente con questa scelta, un artista non può che rifiutare la tendenza dell’avanguardia alla unidimensionalità intesa come esaltazione di uno solo degli elementi a scapito degli altri, ma non può al tempo stesso ripetere straccamente gli esiti della tradizione.
In questo sta la singolare ribellione di Guido di Montezemolo alle mode. Essere se stesso costa, ma gli permette di passare attraverso esperienze artistiche differenti: dall’impressionismo al divisionismo fino a sfiorare taluni profili di stilemi preraffaelliti, e mai scadere nella pittura celebrativa anche quando tratta temi popolari di vita quotidiana, lontani mille miglia dalla esaltazione di regime.
I paesaggi, i contadini, i cieli, i ritratti, gli angoli di luce, le sapienti connessioni di linee, forma, luminosità vogliono dimostrare che è superfluo tanto l’accademismo, quanto l’avanguardia.
Come un onesto banchiere che ebbe a farsi scrivere sull’epitaffio “considerò merce li denaro”, così Egli trattò quelle forme espressive, alle quali si vollero allora connettere quasi altrettante valenze ideologiche, da semplici tecniche (e quindi strumenti, e perciò con funzione servente) ufilizzandole fino a quando servivano ad esprimere la sua ricerca pittorica.
Questa penso sia una delle spiegazioni possibili dell’approccio di Bissoni. Di Montezemolo non volle creare una maniera, né seguire una moda, ma seppe attraversare originalmente tutte le maniere recuperando senza ‘copiare’ ciò che gli serviva per esprimersi secondo le coordinate forma, colore, e luce. Una serie di esperimenti continui per andare avanti: un vero work in progress. In questa metodologia di lavoro, credo sia da ricercare la ragione di quella specie di diaframma che, post mortem, non gli consentì di essere percepito nella sua vera dimensione, proprio perché egli fu volontariamente lontano e quindi inconsciamente estromesso dal dibattito dei tempo. In un mondo di manichei la sua forte ma anche mite lezione non accendeva gli animi, la sua signorilità gli impediva di scendere in campo. Alla polemica preferì la testimonianza della sua arte.
Nell’antico Palazzo di Città a Mondovì Piazza si è svolta nel mese di ottobre 1998 una mostra organizzata dalla Città di Mondovi, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, dall’Associazione Vivant. La famiglia ha permesso di esporre una serie di importanti opere di Guido di Montezemolo. Quale migliore occasione per verificare quanto è stato detto fin qui?
Dal 1960, anno dell’ultima mostra antologica a Mondovì, al 1998 sono passati quasi quarantanni, sono cambiati i riferimenti culturali, si sono riaccesi altri temi di disputa e di polemica che non sono più quelli dei suo tempo. Un autore del suo calibro non deve cadere in quella sorta di ‘sedimentazione dell’antico’ che porta a dimenticare ciò che di vitale è presente in ogni esperienza e soprattutto nella sua lezione che ancora oggi ha molto da insegnare. Come i cimiteri della storia fanno cadere e, quasi per sedimentazione, ricoprire con la sabbia delle esperienze successive ciò che non è entrato negli elenchi ufficiali dei luoghi comuni e delle
nomenclature culturali, così l’avere richiamato l’attenzione su Guìdo di Montezemolo le cui opere ebbero una grande, seppur elitaria, diffusione può permettere di riscoprire un artista singolare e di percepire il suo continuo rinnovarsi nella tradizione. Fortunatamente le sue opere sono ancora concentrate in poche collezioni private.
La mostra era centrata sulla rilettura delle terre, dei boschi, dei campi, dei fiumi, dei paesi della Provincia Granda, sulla ricostruzione di ambienti, talvolta di raffinata eleganza come i ritratti e le figure femminili, o di profonda e umile quotidianità. Ha messo in luce quanto fragile si sia rivelato con il tempo il cliché di ‘paesaggista’ nel quale lo si volle imprigionare.
Anche i contadini dietro ai loro buoi nei campi e a casa sono ritratti che fanno parte del paesaggio: sono persone vere e mai stereotipi, molto più reali di tanti personaggi che affollano la scena di grandi opere celebrative tipiche dei neorealismo degli anni’30.
Emblematico è il ritratto di Cechina che da solo vale l’opera di un artista: la donna rocciosa e forte (góregna si direbbe da noi) che le fatiche del quotidiano non sono riuscite a piegare.
Anche i personaggi dei cosiddetto ‘mondo elegante’ non sono mai simboli, ma persone vere, colte nell’attimo in cui rivelano carattere, volontà, tristezza o nostalgia.
Volti, tronchi d’albero, capelli, foglie, occhi, nuvole, cieli sono diversi nella forma, ma parlano tutti la stessa lingua.
Forse per queste ragioni Guido di Montezemolo fu paradossalmente più conosciuto all’estero che in Italia, e può valere l’auspicio che oggi la critica, più curiosa e meno superficiale di un tempo e ormai non più condizionata da mode e clamori sappia collocarlo al posto che gli compete?.

 

 

Perché VIVANT
VIVANT, Associazione per la Valorizzazione delle tradizioni storico-nobiliari, costituita nel 1995, ritiene che il ruolo dell’Aristocrazia non debba considerarsi esaurito e che questa possa, ancor oggi, nella complessiva crisi di valori che coinvolge la società contemporanea, rivestire un ruolo specifico e non facilmente sostituibile, ricollegandosi idealmente alla grande operosità dei ceti dirigenti passati.
L’Associazione si prefigge dunque lo scopo di far conoscere e valorizzare il positivo ruolo della Nobiltà e delle sue tradizioni storiche.
Il ricordare una figura come Guido Cordero di Montezemolo, di antica famiglia che può vantare diversi personaggi illustri, rientra pienamente nei propri scopi sociali.
L’esperienza ormai maturata in questi 6 anni di vita, inoltre, permette a Marco e Pietro Cordero di Montezemolo, figli dell’Artista, di appoggiarsi ad una struttura in grado di fornire un supporto nella non facile organizzazione di una mostra articolata in due sedi ed in due momenti diversi.

 

 

 

La mostra a Lugano
Illustrerà una breve antologica dell’Artista con circa 60 quadri ad olio, anche di grandi dimensioni, ed alcuni bozzetti di preparazione dei quadri stessi.
Sono già stati definiti, con le autorità luganesi (l’onorevole Erasmo Pelli, Vice Sindaco e Capo Dicastero Attività Culturali e con il dr. Rudy Chiappini, Direttore dello stesso Dicastero, e il dr. Marco Bronzini, Direttore del Dicastero del Turismo) il luogo , che sarà tutto il terzo piano della prestigiosa e centrale Villa Saroli, e la data, che sarà dal 20 marzo al 20 aprile 2001.
La Città di Lugano, sempre molto attiva culturalmente e fortemente interessata a far conoscere il nostro Pittore, prevede un’attenta opera di informazione sul territorio per garantire all’iniziativa un pieno successo, in considerazione anche dei concomitanti lavori del Parlamento della Confederazione Svizzera a Lugano.
La Città di Mondovì, desiderosa non solo di far conoscere l’arte di un importante figlio della sua terra, ma anche di far conoscere turisticamente la zona, prevede di offrire il rinfresco per il vernissage a Lugano, con la collaborazione dell’Istituto Alberghiero di Mondovì. L’occasione sarà poi propizia per presentare la terra monregalese ai luganesi, sempre più attratti, come tutti gli Svizzeri, dalle colline piemontesi.
Più nello specifico ed entrando negli aspetti organizzativi si precisano i seguenti compiti:
– trasporto a cura di VIVANT
– definizione della linea grafica dell’intera manifestazione (a Lugano e a Mondovì) per i depliants, gli inviti, il catalogo, ecc. a cura di VIVANT, congiuntamente con le Autorità Luganesi e Monregalesi
– stampa del catalogo dell’intera manifestazione e dei depliants (Lugano e Mondovì) a cura di VIVANT
– montaggio e smontaggio della mostra e sorveglianza durante tutto il periodo a cura della Città di Lugano
– servizio fotografico a cura della Città di Lugano
– rinfresco per il vernissage a cura della Città di Mondovì e dell’Istituito Alberghiero
– presentazione delle Terre Monregalesi a cura della Città di Mondovì
– polizza assicurativa per tutto il periodo della mostra (da chiodo a chiodo) a cura di VIVANT
– stampa e diffusione degli inviti, locandine, striscioni stradali, ecc. a cura della Città di Lugano
– ufficio stampa e preparazione delle cartelle per i giornalisti a cura Città di Lugano
– vernissage con la partecipazione delle autorità luganesi e monregalesi a cura della Città di Lugano

 

 

 

 

La mostra a Mondovì
Sarà imperniata principalmente su una collezione di circa 50 disegni, studi e bozzetti preparatori.
Sono già stati definiti, con le autorità monregalesi (il Sindaco e l’Assessore alla Cultura Gianni Ferrero e il dr. Armando Mazzucchi, Direttore alla Cultura) il luogo, che sarà l’Antico Palazzo di Città in Mondovì Alta, che si affaccia sulla splendida piazza dall’impianto medioevale appena restaurata, e la data, che sarà dal 30 ottobre al 30 novembre 2001.
Al vernissage, per sottolineare queste unità di intenti tra Piemonte e Canton Ticino, parteciperanno anche le autorità luganesi.
Più nello specifico ed entrando negli aspetti organizzativi si precisano i seguenti compiti:
– trasporto a cura di VIVANT
– definizione della linea grafica dell’intera manifestazione (a Mondovì e a Lugano) per i depliants, gli inviti, il catalogo, le cartelle stampa, ecc. a cura di VIVANT, congiuntamente con le Autorità Monregalesi e Luganesi
– definizione del menabò, realizzazione e raccolta dei testi, preparazione delle pellicole per la stampa del catalogo, degli strumenti di comunicazione e dei depliants dell’intera manifestazione (Mondovì e Lugano) a cura di VIVANT
– montaggio e smontaggio della mostra e sorveglianza durante tutto il periodo a cura della Città di Mondovì
– servizio fotografico a cura della Città di Mondovì
– rinfresco per il vernissage a cura della Città di Mondovì e dell’Istituito Alberghiero
– visite guidate enogastronomiche e turistiche in alcuni luoghi significativi del Monregalese
– presentazione delle Terre Luganesi a cura della Città di Lugano
– polizza assicurativa per tutto il periodo della mostra (da chiodo a chiodo) a cura di VIVANT
– stampa e diffusione degli inviti, locandine, striscioni stradali, ecc. a cura della Città di Mondovì
– ufficio stampa e preparazione delle cartelle per i giornalisti a cura della Città di Mondovì
– vernissage con la partecipazione delle autorità monregalesi e luganesi a cura della Città di Lugano

I supporti cartacei
Per la miglior riuscita della Mostra articolata, come si è detto, nei due momenti di Lugano e di Mondovì, si deve prevedere:
– depliants, n. 2000. Saranno uguali per le due manifestazioni, in cartoncino gr. 20 a colori, due ante. In essi si illustrerà l’iniziativa, si ricorderanno gli sponsors, si riporteranno le due località con le date, ecc.
– inviti, n.700 + 700. Ognuna delle Città sede della mostra provvederà in proprio alla stampa e diffusione dell’invito, che verrà inserito nel depliant. Sarà in bianco e nero, di grammatura inferiore rispetto al depliant, con la specificazione del luogo, della data, dell’ora, ecc.
– locandine. 35 x 50 a un colore. Ognuna delle Città sede della mostra provvederà in proprio alla stampa e diffusione delle locandine, sempre con la linea grafica comune
– striscioni. Ognuna delle Città sede della mostra provvederà in proprio alla stampa e diffusione degli striscioni, sempre con la linea grafica comune
– cartelle stampa
– cataloghi, n. 1000. Formato 20 x 21 di 65 pagine circa, a colori
– volume edito da Allemandi. VIVANT metterà a disposizione, in conto vendita, per ogni sede della manifestazione un certo numero di volumi editi da Allemandi, illustranti l’opera completa del Pittore.

 

 

 

Le fasi del progetto
Fase preparatoria: ordinamento dell’archivio Montezemolo
– censimento delle collocazioni dei quadri che non appartengono alla famiglia ma sono in gallerie, collezioni private ecc. con relative ricerche di archivio (Quirinale, Accademia Albertina, Galleria d’arte Moderna, musei all’estero, ecc.),
– compilazione di schede con lo stato di conservazione dei quadri e delle cornici
– catalogazione e numerazione delle diapositive esistenti
– catalogazione e numerazione dei disegni e dei pastelli esistenti con schedatura
– completamente delle riprese fotografiche delle opere
-organizzazione del servizio di autenticazione quadri e disegni.

Fase progettuale e organizzativa
– ideazione, articolazione e progettazione dell’immagine complessiva della mostra e dei cataloghi, dei materiali divulgativi e degli allestimenti espositivi
– attivazione dei collegamenti con esperti: critici d’arte, giornalisti italiani e stranieri

Fase esecutiva
-formazione di una Segreteria Tecnica con ufficio stampa e P.R
– realizzazione e impostazione grafica della mostra, dei cataloghi e stampati necessari
– assistenza e controllo degli allestimenti e delle realizzazioni a stampa.

Gli incarichi
VIVANT dovrà curare:
– l’ordinamento dell’archivio Montezemolo
– il restauro delle opere e la loro cornice
– il trasporto delle opere da esporre
– il trasporto dei volumi di Allemandi
– la definizione della linea grafica dell’intera manifestazione (a Lugano e a Mondovì) per i depliants, gli inviti, il catalogo, ecc., congiuntamente con le Autorità Luganesi e Monregalesi
– l’assistenza e il controllo degli allestimenti e delle realizzazioni a stampa
– la stampa dei cataloghi dell’intera manifestazione e dei depliants (per Lugano e Mondovì)
– la polizza assicurativa per tutto il periodo delle due mostre (da chiodo a chiodo)

La Città di Lugano dovrà curare, a proprie spese:
– montaggio e smontaggio della mostra e sorveglianza durante tutto il periodo
– servizio fotografico
– stampa e diffusione degli inviti, locandine, striscioni stradali, ecc.
– ufficio stampa e preparazione delle cartelle per i giornalisti
– vernissage con la partecipazione delle autorità monregalesi e luganesi
– presentazione Terre Luganesi a Mondovì

La Città di Mondovì dovrà curare, a proprie spese:
– montaggio e smontaggio della mostra e sorveglianza durante tutto il periodo
– servizio fotografico
– stampa e diffusione degli inviti, locandine, striscioni stradali, ecc.
– ufficio stampa e preparazione delle cartelle per i giornalisti
– vernissage con la partecipazione delle autorità monregalesi e luganesi
– rinfresco per il vernissage di Lugano
– presentazione delle Terre Monregalesi a Lugano.