“In alto la bandiera” Storia del Regio

Dopo la seconda guerra mondiale in Italia la funzione militare, identificata spesso nell’Esercito, è divenuta oggetto di una forte azione di delegittimazione costantemente perseguita dalle forze politiche predominanti, forse di ispirazione internazionalista e più o meno marcatamente antinazionale come i cattolici e i comunisti, entrambe ostili a quegli ideali risorgimentali di libertà e di indipendenza tanto gelosamente custoditi invece nell’Esercito.
Di conseguenza la storia dell’Esercito è stata condensata negli episodi infelici: Custoza, Adua, Caporetto, che avrebbero avuto come ineluttabile conclusione l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Negli ultimissimi anni poi una serie di leggi volte a favorire l’obiezione di coscienza ed il servizio civile ha di fatto abolito la coscrizione obbligatoria, sostituendola con un volontariato che priva l’Esercito, e quindi la Nazione, di personale qualificato ed affidabile. In effetti la storia – quella degna di essere così definita, lontana dall’agiografia e dalla propaganda – offre dell’Esercito italiano un’immagine ben diversa, quella cioè di un organismo solido, fedele alle istituzioni, alieno da tentazioni “golpiste”.
Custoza fu una battaglia perduta solo perché Lamarmora decise di ritirarsi quando aveva forze più che sufficienti per reiterare l’azione e vincere; Adua fu un episodio dovuto all’inferiorità numerica, alla mancanza di coordinazione tra le brigate, alla debolezza del comandante in capo; quanto a Caporetto, oggi la storiografia è unanime nel riconoscere che l’insuccesso tattico si tramutò in strategico solo per l’andamento del fronte che obbligò l’invitta 3^ armata a ritirarsi per non essere aggirata.

Del resto al disastro di Capotretto l’Esercito italiano rimediò da solo perché – è doveroso ricordarlo – le divisioni inglesi e francesi entrarono in linea solo a Natale, quando la linea difensiva del Piave si era già Ben tornati dalle vacanze! Nell’ultimo trimestre dell’anno dovremmo portare a termine i due impegni editoriali che ci siamo assunti: la pubblicazione dei “Consegnamenti” e del “Manno” (quest’ultimo forse è più realistico prevederlo per il 2.000!) consolidata e l’offensiva austro-tedesca definitivamente arrestata. L’8 settembre, infine, fu il crollo di un’intera Nazione, che non aveva retto a tre anni di guerra disastrosa, ai bombardamenti terroristici degli Alleati, alle privazioni dovute a razioni alimentari insufficienti.

L’Esercito, anche in quel frangente specchio fedele della Nazione, quando potè reagì e contribuì notevolmente alla Guerra di Liberazione sia contrastando i Tedeschi nei giorni seguenti all’armistizio, sia partecipando alla Resistenza nelle formazioni partigiane, nate in ambito militare e poi fagocitate dai partiti, sia con reparti regolari affiancato a quelli Alleati, da Montelungo a Venezia.
Anche gli ufficiali ed i soldati deportati in Germania contribuirono, con il loro ostinato rifiuto ad arruolarsi nelle formazioni della Repubblica di Salò, a tenere alta la speranza di una prossima rinascita dell’Italia.

Dagli appunti del Generale Oreste Bovio